Egregio Direttore,
consenta qualche precisazione in merito alla recente nota del Governo d’Ufficio dell’Arciconfraternita del Pio Monte dei Marinai di Procida, interpretata con riferimento al nostro giornale.
Non abbiamo affatto riferito “inesatti e fuorvianti contenuti” né “un mistificante capovolgimento della realtà e delle dinamiche riguardanti la storia, la gestione ed il futuro di questo Ente Ecclesiastico”. Non possiamo credere che professionisti di tale calibro non abbiano compreso che, in merito alla richiesta da parte dei cittadini e del Comune di Procida di riportare il glorioso Ente alle funzioni che l’Oggetto Sociale dello Statuto vigente assegna, abbiamo riportato correttamente sia il contenuto della nota curiale a firma del Responsabile per le Arciconfraternite, sia l’intervento del Coordinatore del Comitato Civico. Abbiamo riferito fatti di cronaca, peraltro apparsi in precedenza su altre pubblicazioni, senza contestazioni di “falsità”. Provvedano le parti a chiarire chi afferma il “falso”.
Lo scritto del “Governo d’ufficio” ci dà l’opportunità di ribadire alcune osservazioni in merito, gradite o meno agli attuali Commissari curiali, che riteniamo essere gli stessi di cui abbiamo avuto modo di seguire le “performance” per gli “ossarini” dell’Arciconfraternita dei Turchini.
Non si tratta di scelta ideologica chiedere il rispetto dell’oggetto sociale dello “Statuto” vigente, mai modificato da oltre un secolo, che non fa riferimento ad “Arciconfraternita”, e tale non è mai stata, anche per assenza di confratelli dal 1939 ad oggi. Al più potrebbe definirsi: “Arcicommissariata”.
Resta ad oggi in vigore quanto stabilito con Regio Decreto firmato da Vittorio Emanuele II Re d’Italia, all’art.1: il Pio Monte dei Marinai di Procida è ”Opera pia laicale di patronato esclusivo del ceto dei padroni, capitani e marinai delle diverse barche, feluche e tartane esistenti” in quell’epoca; allo scopo di dar vita ad opere di carità e beneficienza a favore di coloro che appartenevano al ceto marinaro e loro figli e congiunti e seguire pratiche di pietà e religione. Abbiamo già avuto modo di esporre le successive fasi gestionali ed i riferimenti alle modifiche ai Patti Stato-Chiesa e le incongruenze riscontrabili.
Nella nota del “Governo d’Ufficio del Pio Monte” sorprendono alcune sue gravi affermazioni: “si è tuttavia inaspettatamente imbattuto in una vera e propria emorragia e dilapidazione patrimoniale, constatando che, nel tempo, buona parte degli immobili di cui era titolare la Confraternita grazie alla devozione e alla generosità dei fedeli, si era volatilizzato, scomparso.”
La domanda sorge spontanea: E’ stata o no la Curia a gestire i beni immobili della “Confraternita” dal 1939 ad oggi, per 80 anni, con propri Commissari? Se volatizzazioni si fossero verificate, ne diede il consenso o quali controlli ha esercitato sull’attività dell’Arciconfraternita? I marinai di Procida potrebbero chiederne conto e fare anche emergere responsabilità gestionali?
Il “Governo d’Ufficio” informa di aver ottenuto “sin da subito importanti risultati in termini di consolidamento patrimoniale e ed economico”. Non diamo credito a possibili chiacchiericci sull’operato e non mettiamo in dubbio i pregevoli risultati che in verità, come stampa locale, a differenza della citata stampa nazionale, non riusciamo a valutare. Saremmo lieti se potesse chiarirci le idee informandoci direttamente, qualora lo dovesse ritenere cosa buona e giusta. Anche perché tra i nostri limiti c’è il tentativo di imitare San Tommaso e peraltro abbiamo tutti avuto modo, nel recente passato, di leggere similari affermazioni per la gestione dei detti “ossarini” con i risultati a tutti parzialmente noti.
Naturalmente sull’isola non albergano solo cittadini cattivi ed irriconoscenti; vi sono anche quelli buoni e giusti, come il “primo cittadino”, il sindaco. Il “Governo d’Ufficio” ha ben motivo di tesserne le lodi: “ingiustamente definito “ambiguo” nell’articolo di stampa, ha invece espressamente manifestato la sua posizione e, da lungimirante ed accorato rappresentante della cittadinanza procidana, ha inviato qualche mese fa una ammirevole lettera nella quale sposa la missione della Confraternita, ne saluta il valore ed il modo in cui l’Ente Ecclesiastico avrebbe potuto concorrere con il Comune a combattere le povertà e le criticità che affliggono l’Isola di Procida.”
A stare alle affermazioni fatte non gli hanno reso un buon servizio. E’ stato il “Governo d’Ufficio” a definirlo “ambiguo”, non ci risulta che su tale problematica qualche articolo di stampa lo abbia definito tale; Anzi i Commissari forniscono argomentazioni, che parrebbero a sostegno della valutazione, quando riferiscono di quella lettera inviata alla Confraternita, in contrasto con i deliberati del Consiglio Comunale e l’attività del Comitato Civico di cui fa parte lo stesso sindaco. Peggio: il sindaco si sarebbe congratulato perché il “Pio Monte” “avrebbe potuto concorrere con il Comune a combattere le povertà e le criticità che affliggono l’Isola di Procida.” “Avrebbe potuto”, quindi non l’ha fatto?
Come i marinai proprietari del “Pio Monte” per i loro sentimenti di fede cattolica da proprietari della chiesa e degli immobili, patrimonio del Pio Ente, si trovano mutati dal Clero ospitato in Confratelli senza volerlo, fosse stato possibile con qualche Decreto, potevamo anche correre il pericolo di divenire “Arciconfraternita Comune di Procida”, stante i trascorsi del Sindaco in gioventù partecipe all’“Associazione Cattolica” e, a capo del Comune, da adulto con la devozione mostrata verso le Confraternite tanto da considerare l’autorizzazione alla benedizione di una Chiesetta come atto di proprietà privata di un suolo pubblico?
Rassicuriamo il “Governo d’Ufficio” che non siamo mossi da intenti ideologici o preconcetti ma, semplicemente, condividiamo le richieste di riportare il Pio Monte ai suoi caratteri originari. Continueremo a fornire informazioni, com’è nostro costume, con correttezza sul prosieguo degli eventi. Come ben sanno i nostri lettori, non saranno arroganti tentativi di indurci a tacere, a modificare il nostro “modus operandi”».