Procida – Si dice che l’uomo sia ciò che mangia. Probabilmente tale constatazione, solo apparentemente banale, ha influito profondamente sulle nostre abitudini, negli ultimi anni. Così, consapevolezza e qualità sono diventate imperativi travestiti da parole d’ordine.
Agricoltura-eroica In veste di consumatori, però, difficilmente ci fermiamo a riflettere su quanto investimento, materiale, umano e di tempo, sia necessario per preservare l’eccellenza agricola. D’altra parte, egoisticamente, chi non vorrebbe trovare alla salumeria sotto casa il passito di Pantelleria, oppure il piennolo del vesuvio? possibilmente a prezzi degni di Lidl ed Eurospin?
Queste produzioni, veri e propri fiori all’occhiello dell’italianità, si sono viste riconoscere una denominazione emblematica, ovvero quella di agricoltura eroica.
Tale concetto riguarda colture particolarmente significative sotto il duplice profilo territoriale e alimentare. Prodotti quali i limoni di Amalfi e l’uva di Pantelleria costituiscono veri e propri baluardi dell’eccezionale biodiversità che caratterizza l’Italia.
L’agricoltura eroica è quindi uno strumento prezioso, nell’ottica della tutela e della diffusione di tradizioni antiche e localmente radicate. Come definire diversamente i contadini che, testardamente, dedicano passione e fatica fisica a prodotti che vedono la luce su terreni poco fertili e inseriti in contesti geografici ostili, dove è praticamente impossibile utilizzare macchinari moderni?
Di questo e di tanto altro si è parlato nel convegno organizzato dalla Coldiretti ieri l’altro sulla terrazza di terra Murata.
Durante il dibattito è emerso prepotente il concetto di “eroico”, come aggettivo legato al mondo degli agricoltori che agiscono in alcuni territori particolareggiati come appunto anche Procida.