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L’editoriale di Gino Finelli: «Impariamo a non doverci vergognare »

DiRedazione Procida

Ago 8, 2021

Gino Finelli – Che vergogna per noi tutti abitanti, ammiratori, estimatori e affezionati di quest’Isola, constatare che nessuno ha quell’ amore vero verso il proprio territorio.  E’ una offesa continua al rispetto dell’ambiente, alla correttezza di comportamento civico, alla disponibilità a modificare vecchie e malsane abitudini. Nessuno, proprio nessuno, razzola bene eppure tutti sappiamo parlare sui social, criticare, affermare con protervia considerazioni che alla fine altro non sono, che la continuazione dello status quo, il mantenimento di quei piccoli privilegi che passano per una anarchia di comportamento nell’assenza totale di regole e di sanzioni. Uno stato di assoluto degrado del senso civico, del rispetto verso gli altri e soprattutto verso di chi sceglie di venire a visitare la nostra Isola. 

Esempi ne potrei fare tanti ad iniziare dalla Marina Grande in cui versa un disordine assoluto e una assenza di rispetto dei divieti, per arrivare alla Corricella dove oramai le attività di ristorazione sono proprietarie assolute degli spazi comuni e terminare alla Chiaiolella dove le strade sono occupate da scooter e biciclette e i lidi sporchi e stracolmi di persone ammassate l’una sull’ altra.

E non è responsabilità assoluta dell’amministrazione di turno che, qualunque provvedimento adotta, riceve sempre inevitabili appunti e petizioni popolari.  E’ responsabilità dei Procidani, proprio di quelli che con ostinata passione ripetono: Procida è dei Procidani. E la domanda che viene spontanea, per dirlo con Marzullo, è di quali Procidani? Di quelli che non rispettano l’ambiente nel quale vivono, la bellezza che hanno ereditata?  Di quelli che credono che si possa violare qualunque legge e regolamento, scavalcare qualsiasi divieto perché l’Isola è loro?

Sono questi la rovina della nostra terra, sono loro i responsabili veri del degrado. Sono quelli che vorrebbero tutto senza sacrificare nulla delle loro abitudini e dei loro arroganti e vergognosi comportamenti.

E cosa può un amministratore di fronte a una tale condizione maturata in anni di selvaggio comportamento? Nulla se non sanzionare, se non predisporre controlli e controlli con pesanti provvedimenti, divenendo così oltre che impopolare, anche un decisionista despota che non tiene in nessuna considerazione le necessità dei residenti stabili. E quali sono le esigenze di questi cosiddetti residenti impossibilitati a modificare il loro comportamento?  Utilizzare l’auto o i mezzi a due ruote sempre, senza alcuna limitazione? Recarsi al super mercato o in un negozio fin sotto la vetrina e li lasciare impunemente macchina, bici o moto? Andare avanti e indietro Marina grande- Marina Chiaiolella a qualsiasi ora? Non occuparsi di ciò che accade al difuori della propria abitazione? Non interessarsi della salvaguardia di quel che rimane di spazio, non occupato da costruzioni? Guardare ciò che accade intorno a loro, borbottando e criticando, attribuendo però responsabilità sempre a terzi?

E allora dobbiamo vergognarci tutti di quello che accade poiché gli obiettivi raggiunti, un po’ per fortunate combinazioni, un po’ per un intuito lungimirante, possono divenire effimeri e transitori e finire così con il farci ritornare in una condizione di isola fuori dal circuito turistico nel quale siamo oggi fortemente presenti.

Ho espresso alla attuale amministrazione la mia gratitudine per essere riuscita a far divenire Procida un punto di riferimento per la cultura Italiana.   E sono felice che si sia potuto raggiungere un obiettivo qualificato e qualificante. Ma voglio ricordare a tutti che quest’Isola nel settecento aveva armatori, marinai, ospedale e quant’altro di elevato livello. Era allora definita una perla del mare per la sua ricchezza, la capacità   della sua gente e per l’alto livello di civilizzazione.  Ma quella ricchezza e quella forza imprenditoriale sul mercato internazionale, sparirono poiché non ci si seppe adeguare all’evoluzione dei tempi e alla rapidità del progresso. E tutto decadde per molti lunghissimi anni facendo ritornare di nuovo l’Isola indietro dal punto di vista economico e sociale. La ripresa avvenne solo dopo l’Unità di Italia grazia ad Antonio Scialoja, Ministro della pubblica Istruzione del nascente Regno d’Italia, che conoscendo il valore sul mare delle sue genti progettò un sistema di sviluppo sostenibile che passava attraverso la formazione di uomini in grado di navigare. Una visione che ancora oggi rappresenta la principale fonte di reddito e che deve essere guardata come un esempio da seguire. Abbiamo dunque ritrovato un turismo che per anni abbiamo rifiutato, senza porci alcuna domanda progettuale sul nostro futuro, per poi inseguirlo con scarsi risultati. Ora che siamo nell’occhio del mondo cerchiamo di essere un popolo che sa innanzitutto rispettare il suo territorio e dunque farlo rispettare. Un popolo che guarda quel futuro sostenibile che passa inevitabilmente per una rinascita attraverso un percorso culturale di rieducazione, di rispetto, non a parole, del nostro ambiente, di un nuovo modo di considerare i piccoli privilegi   personali che rappresentano la vera patologia dell’Isola.

Approdai con alcuni amici Procidani a Capri alcuni anni fa con la mia barca e scendendo sul modo, in tardo pomeriggio, portammo con noi un sacchetto di rifiuti che dovevamo depositare in un apposito contenitore. Un vecchietto su di un Ape della Piaggio, ci fermò dicendo: “giuinò a munnezza si iettà  into e 10 e  sera, purtatela adderéto”.  Noi sopresi, ma anche umiliati per la nostra superficialità, non potemmo fare altro che chiedere scusa e riportare il nostro sacchetto sulla barca.

Un esempio di come si può e si deve amare la propria terra che dà lavoro, ricchezza e che va mantenuta nella sua bellezza e preservata nella sua immagine per consentire una continuità di sviluppo e benessere.

Impariamo a non doverci più vergognare difronte al mondo per non aver saputo avere rispetto, amore e cura della nostra terra.

 

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