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Editoriale: «L’isola che non c’è (mai stata)»

DiRedazione Procida

Ago 30, 2021

Sebastiano Cultrera – «Fiorì per prima l’età dell’oro; spontaneamente, senza bisogno di giustizieri, senza bisogno di leggi, si onoravano la lealtà e la rettitudine» (OVIDIO: Metamorfosi). Il mito dell’ETA’ DELL’ORO attraversa il pensiero umano dalla nascita: lo troviamo nella Tragedia greca e nei Dialoghi di Platone, nei romani, in Dante, e in tanti riferimenti letterari o artistici fino ai giorni nostri. Ed è diventato, ovunque, uno degl’intercalari di senso comune più diffuso. Dalle nostre parti è ampiamente declinato secondo la formula “Una volta la nostra isola era un paradiso terrestre”. Poi, manco a dirlo, sono venuti i turisti e… siamo costretti a vivere male! Soprattutto d’Estate, s’intende!

Tutto bene. Ma spiegatemi: Quando è successo che la nostra isola era un paradiso terrestre, fatto di tranquillità, di vivibilità, di opulenza e di silenzio?

Da cosa vogliamo partire? Dalle macchine? Dal traffico? Dal rumore? Dal caos? È dimostrabile che, in pieno inverno circolano molti più veicoli a motore rispetto all’estate. Solo chi ha memoria corta dimentica che sono anni (se non decenni) che ci sono ingorghi di automobili bloccate quasi ogni giorno, intorno alle ore 17,00, nei mesi invernali.

Dagli anni 90, almeno, ad ora, il problema della mobilità NON È STATO RISOLTO. La stessa EAV (ex SEPSA) ha purtroppo contribuito, talvolta, ad aumentare il traffico, nonostante qualche bell’intenzione e uno studio del settore disatteso o mai applicato. In ogni caso, comunque la mettiamo, se vogliamo essere onesti, dobbiamo riconoscere che il problema della MOBILITA’ sull’isola RIGUARDA soprattutto i procidani stessi, che lo provocano e lo subiscono, contemporaneamente. Il Turismo non c‘entra nulla. Forse, sbagliando, PER MITIGARE IL PROBLEMA, da anni, ogni tipo di amministrazione, ripiega su piani a BREVE TERMINE, costellati da DIVIETI (giusti o sbagliati che siano) più o meno totali, e più o meno lunghi, reiterando l’errore (di comunicazione) di spiegarne la causa con motivi turistici. Invece il turismo non c’entra nulla: ché la quantità abnorme dei mezzi a motore NON È DEI TURISTI.

Ma coi turisti, si dirà, si è persa la tranquillità. Tra l’altro in queste estati ci sono certamente stati minori episodi spiacevoli (risse o piccola criminalità) dei decenni delle estati “tranquille” quando lo sport dei giovani isolani era la lotta di bande coi “villeggianti”. E sulla criminalità non regge il racconto che gli anni d’oro furono quelli dei porti senza yacht e senza le splendide vele di oggi… ma pieni di motoscafi di contrabbandieri!

Poi, per essere corretti, dobbiamo ricordare che la tanto sbandierata IDENTITA’ della nostra isola NON È NATA dal concetto vuoto di tranquillità, ma da una Storia di Traffici, di Commerci, di caotici andirivieni culminata col VERO PERIODO D’ORO della Storia di Procida: cioè quello del dominio ECONOMICO di Procida nei mari del mondo, con navi, e quindi marittimi, visitatori e persone di ogni specie, che affollavano la nostra isola, a partire dai suoi por!

Quella ETA’ DELL’ORO (udite, udite realizzatasi, soprattutto, nel periodo immediatamente post unitario!) fu l’età di maggiore CAOS creativo dell’isola di Procida. Cioè quando l’isola di Procida fu decisamente protagonista nei mari del mondo, con centinaia di navi procidane e imprese marinare di primissimo livello (armatoriali, cantieristiche, commerciali e finanziarie) TUTTE CENTRATE sull’isola di Procida, e sulla “confusione” creativa, economica e culturale dell’epoca.

Traffici di ogni tipo attraversavano o riguardavano Procida, e si sviluppavano in tutti i maggiori porti mediterranei, e non solo, viste le numerose cronache, in giro per il mondo, che vedevano protagonisti navi ed equipaggi isolani.

Le testimonianze parlano sì (per esempio) di una richiesta, da parte di alcuni cittadini, di una maggiore “tranquillità” rispetto alla “invasione” delle banchine da parte dei costruttori di imbarcazioni. Ma la risposta del genio procidano (e la scelta politica conseguente) non fu quella di ABOLIRE la cantieristica, ma di razionalizzarla in un grande e moderno (per l’epoca) cantiere navale. Nessuno si augurava un “sanraimondo” che cacciasse pugliesi, marsigliesi, calabresi e commercianti di ogni luogo, fuori dall’isola. Quei contatti e quella apertura furono la fortuna dell’isola.

La tanto rimpianta tranquillità è durata, al massimo, un paio di generazioni, quelli dei decenni del boom economico, quando il petrolio (e le petroliere) dettarono i tempi e i modi dello sviluppo mondiale.

Ma Procida non potette partecipare a quell’evento da protagonista. Le nuove modalità e dimensioni dei traffici trovò una Procida molto indebolita nella prima metà del secolo e messa in ginocchio dalla Seconda Guerra.

Con la Repubblica (nella fine degli anni 50) si riattivò la Scuola Nautica e l’isola fece di nuovo valere la propria storia e tradizione nei mari del mondo. MA NON A CASA PROPRIA: qui non accadde, quasi, più nulla di rilevante quanto a protagonismo economico.

E l’isola si è degradata al ruolo di DORMITORIO per i marittimi che tornavano, meritatamente, a riposare a casa.

Non furono, però, quei decenni di benessere economico consumistico una età dell’oro. Furono, piuttosto, i decenni dell’oblio, nei quali, il mito, giustissimo e necessario per gli abitanti, dei due vani e cucina, rese disabitata la Corricella e altri luoghi, e si sviluppò una antiestetica (oltre che spesso abusiva) costruzione diffusa; in cui la cultura tradizionale veniva messa sotto al tappeto, per dare spazio al frigorifero e alla lavatrice, e… alla televisione: cui abbiamo definitivamente appaltato i nostri cervelli (ora coi social la vicenda evolve…in peggio). Si trattò di un fenomeno nazionale, certamente, che annichilì la cultura contadina in tutta Italia, e da noi, mise da parte la cultura armatoriale e la intraprendenza economica. La Scuola nautica salvaguardò, fortunatamente, la tradizione marinara, e i procidani, nei mari del mondo, continuarono a comandare: pur se con Navi NON PIU’ DI PROPRIETA’.

Per chiudere dico che ciascuno può scegliere, ed i giovani dovrebbero farlo in particolare.

Quale Procida volete RIMPIANGERE, e soprattutto, di quale Procida vogliamo RECUPERARE e promuoverne l’IDENTITA’?

La Procida della vera età dell’oro, dei traffici, dei rischi, dell’apertura e del confronto con il mondo o quella che non c’è mai stata (o magari ha solo accarezzato la propria comodità per un paio di decenni) di falsa tranquillità, che era però fatta di chiusura e fastidio per il diverso e l’estraneo?

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