Gino Finelli – Lasciare questa terra dopo aver vissuto profondamente i propri anni è purtroppo un evento della nostra vita ineluttabile. E proprio per questo è opportuno che ognuno di noi abbia a mente le parole di Foscolo: “All’ombra dei cipressi e dentro l’urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?” E’ necessario che ci si ponga questo interrogativo poiché non è importante vivere, ma come si vive e soprattutto perché si vive. Dunque bisognerebbe, ed uso il condizionale poiché moltissimi non lo hanno ancora compreso, che la vita sia spesa e vissuta nel modo più proficuo possibile per se e per gli altri. Quando ero un giovane studente del ginnasio, alla allora licenza ginnasiale che consentiva di accedere al primo liceo classico, ci fu dato questa tema: “Quando tu nascevi tutti intorno a te ridevano e tu solo piangevi. Vivi in modo tale che alla tua morte tutti intorno a te piangano e tu sola rida alla luce dell’eternità”
Dobbiamo quindi comprendere che quando si è operato bene, nel giusto e soprattutto conciliando i propri bisogni con quelli degli altri a cui bisogna opportunamente tendere una mano e mai sottrarla, allora ha un senso aver vissuto la propria vita e una accettazione anche la morte. Si lascia questo mondo non avendo sprecato l’esistenza e il tempo concessoci.
Conoscevo fin da ragazzo Alfonso Capodanno e mi legava a lui, al fratello Dinello ed in generale alla sua famiglia, un affetto profondo e una stima reciproca. Ottimo medico sempre disponibile e, a volte giustamente severo, Alfonso aveva un intuito notevole che gli consentiva di capire e affrontare le patologie che da medico si incontrano nel cammino professionale. Amava Procida profondamente e aveva dedicato tempo, attenzione e impegno a questa piccola isola che, oltre che la sua casa, era anche un’idea alla quale lavorava per vederla sempre più alla ribalta turistica e culturale. Da politico, vecchio socialista nelle idee e nella pratica, aveva utilizzato sempre un linguaggio concreto, tentando di modificare vecchi schemi. Per anni è stato il mio medico di base e, pur non avendo mai avuto bisogno di rivolgermi a lui, spesso mi telefonava per domandare di me e della mia salute.
Quest’estate, al tavolo del ristorante Vivara, abbiamo avuto una lunga conversazione sul futuro dell’Isola e su come noi, anziani ma profondi conoscitori della realtà locale, avremmo potuto contribuire al suo sviluppo anche alla luce dell’evento del 2022 che entrambi abbiamo applaudito.
La sua scomparsa lascia un vuoto nel mondo della medicina locale, della politica e della cultura isolana, ma il suo ricordo ci impone di continuare a dedicarci alla nostra terra affinché quella speranza di rinascita complessiva nel pensiero, nel linguaggio, nel comportamento e nelle azioni, non vada mai sprecata.