Procida –
La recente ordinazione episcopale di sua Eccellenza Mons. Michele Autuoro ha mostrato a tutti anche lo stemma e motto episcopale scelto da lui stesso, che lo accompagnerà per sempre nel suo cammino pastorale.
Abbiamo inteso rappresentarlo ed illustrarlo per decifrare oltre lo stemma e i simboli contenuti anche quanto di Procida sia rappresentato all’interno.
“Sia l’Antico che il Nuovo Testamento, la tradizione patristica così come la sacra liturgia, hanno offerto nel corso dei secoli i temi più vari, poetici e suggestivi per la realizzazione dei simboli di coloro che nella Chiesa venivano scelti per l’ordine dell’episcopato. Tali simboli possono alludere alle proprie origini geografiche, alla storia vocazionale, al delicato ministero pastorale che si è chiamati a svolgere, ma anche richiamare antiche tradizioni di culto, memorie dei santi patroni e pie devozioni locali. Lo stemma di un vescovo – secondo la tradizione araldica ecclesiastica – è tradizionalmente composto da:
– uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e che contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, da tradizioni familiari, da riferimenti al proprio nome o all’ambiente di vita;
– una croce astile in oro, posta verticalmente dietro lo scudo;
– un cappello prelatizio, con cordoni a dodici fiocchi pendenti, sei per ciascun lato, il tutto di colore verde;
– un cartiglio inferiore recante il motto episcopale, scritto in nero.
Nel nostro caso si è scelto uno scudo accollato alla croce astile in oro, gemmata di azzurro, simbolo della regalità di Cristo Signore dell’Universo e della storia.
Nella parte superiore dello scudo troviamo il libro delle Sacre Scritture. Su una delle due pagine sono raffigurate la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco – Alfa e Omega – simbolo di Cristo, principio e fine di tutte le cose1. Sull’altra pagina è raffigurato un cuore sormontato da una croce, simile all’immagine che Charles de Foucauld – piccolo fratello del Sacro Cuore di Gesù – aveva l’abitudine di riprodurre all’inizio delle sue lettere. Per Charles quel cuore condensa l’infinita misericordia di Dio per ogni uomo, manifestando la bruciante tensione salvifica del Cristo nei confronti dell’umanità. Da sempre affascinato dal suo carisma, mons. Autuoro affida all’intercessione di Charles il suo ministero episcopale, con la speranza di essere per ogni persona che incontra il fratello universale, viva immagine dell’amore di Gesù.
Nella parte inferiore dello scudo troviamo una barca su un mare burrascoso, emblema della «vulnerabilità e delle false e superflue sicurezze con cui rischiamo di costruire le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità». Così come nel racconto evangelico Gesù non lascia i suoi discepoli in balia delle onde, anche la Chiesa sa di poter gettare ogni preoccupazione in colui «che ha cura di noi». La barca – emblema della tradizione marinara procidana dalla quale proviene il vescovo Michele – è, dunque, icona della Chiesa, chiamata a diffondere l’annuncio della Parola a tutti i popoli, confidando nella presenza del suo Signore: «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Ai lati della barca, impressi nel cielo, troviamo una stella e un giglio. La stella – simbolo della Vergine Maria, invocata come Stella maris – indica la premura della Madre di Dio, che la tradizione greco-bizantina venera come Odigitria, “colei che conduce, mostrando la direzione”.
Il giglio – simbolo di san Giuseppe, custode del Redentore – è un riferimento alla comunità parrocchiale procidana di San Giuseppe, nella quale mons. Autuoro ha sentito negli anni della sua giovinezza la voce del Buon Pastore che lo invitava a pascere il suo gregge. Confidando nel Santo Patrono della Chiesa cattolica, il vescovo Michele intende guidare la comunità ecclesiale nel suo rinnovato impegno di evangelizzazione, per portare il primo annuncio di Cristo o per riportarlo laddove esso è trascurato o dimenticato.
Il motto episcopale – Christus Cor Mundi – è il tentativo di traduzione di una delle antifone della Liturgia delle ore: «Ora si compie il disegno del Padre: fare di Cristo il cuore del mondo». Con queste parole il vescovo Michele riassume la regula vitae alla quale ha cercato di corrispondere nel suo cammino di sequela Christi e che si propone di continuare a perseguire nel suo ministero episcopale.
Il cristiano, infatti – e ancora di più il ministro ordinato – è colui che trova gioia facendosi servo del Vangelo «fino agli estremi confini della terra», collaboratore del disegno del Padre: fare di Cristo il cuore del mondo! La gioia del ministro consiste, così, nel collaborare alla gioia dei fratelli, senza mai farsi padrone delle persone a lui affidate, ma diventando modello del gregge.”