Porfilio Lubrano Lavadera – Forse l’accento come le virgolettature non sono dovute, o forse – già solo più semplicemente – chissà, certo è che fortunatamente e tra l’altro per contribuire ad eliminare eccessi di incertezza, cosi come fra tesi ed antitesi non sempre può esistere la sintesi, può esistere tuttavia la contestualizzazione come – per evidenti ragioni di democratica reciprocità – pure la decontestualizzazione, tale per cui il dubbio non può che trovare meritorio ingresso in ogni processo ermeneutico che voglia davvero evolversi secondo il crisma della obiettività, senza lo spasimo della unilateralità, non perdendo mai di vista la interezza, senza essere sonoramente tacciato di stereotipato senso di intendere il senso di una crescita più ampia in quanto tale, al riparo da ogni ritrosia da preconcetto – o peggio – prevenuto pseudorgoglio della verità. Perciò dispute meramente formali cosi come semplici parole/dizioni letterali rischiano persino di assurgere a dibattiti imperniati invece su importanti sostanziali mentalità diverse confrontate – o già solo – confrontabili su auspicate – e sempre ancora un po’ di più da raggiungere – mete da ricambio generazionale; cosi anche i rapporti di forza esistenti possono mutare a seconda del grado di consapevolezza collettiva più o meno prevalente per generazioni diverse senza quindi essere soltanto prodotto dei tempi per esperienze vissute da vicino, ovvero per diverse tipologie di quotidianeità più o meno impegnate : con tale argomentare le aperture mentali non possono che essere agevolate dal beneficio di rapporti sociali, economici, culturali ( addirittura anche ricreativi) ed interpersonali – più in particolare – che si ispirano ad un nuovo ordine di intendere la dialettica del divenire storicizzato, onde evitare di appiattirsi in vaghe ed indeterminate dinamiche da criterio soltanto – o prevalentemente – cronologico come a perpetrarsi di evoluzione esclusivamente anagrafica e nulla più. Ordunque inspecie in piccole realtà territoriali/insulari, come la nostra meravigliosa isola di Procida ( che ispira il presente scritto), laddove inevitabilmente essendoci più visibilità, i rapporti interpersonali sono comunque maggiormente “ condizionanti “ ( tali da ingenerare ad esempio socialità da “ fardello o blasone “ a seconda del grado di maggioranza numerico più o meno elevato considerato ), risulta chiaro che il cosiddetto conoscersi meglio ( anche perché ci si conosce un po’ tutti già soltanto “ potenzialmente “) faccia la differenza in termini – specialmente – comparativi di classi generazionali, giungendo a coinvolgere in tale assunto persino arti, mestieri, professioni ed addirittura antiche abitudini, tradizioni e – correlativamente – risalenti comportamenti, più marcati evidentemente laddove si prenda come riferimento anzitutto l’ambito familiare, in cui è come si fossero venute a creare, tra l’altro, sorte di “gerarchie diversamente naturali”, in quanto non facenti capo esclusivamente alla sfera genitoriale ma anche – e talvolta persino soprattutto – ai figli maggiori rispetto a quelli minori, con il rischio di “ espropriarne “ la preminente attività educativa/formativa demandata – appunto – invece per ordinaria destinazione naturale ai genitori; tale assunto acquista ancora maggior rilievo laddove si consideri che qualora tale attività genitoriale fosse “ delegata aliunde “ al di fuori della cerchia parentale più stretta, ogni energia più biologicamente aggregante, avrebbe potuto correre il rischio di disperdersi in inevitabili troppe “ingerenze esterne” ( ossia oltre lo strettamente dovuto ), foss’anche di stampo scolastico ( come per l’esempio estremizzato della scuola dell’obbligo), ovvero qualora ad argomentarsi fossero età molto giovani dei figli minori. Talvolta si trattava – fortunatamente – di una sorta di prelazione da maggiore senso di responsabilità e discernimento in ordine a decisioni più o meno consapevoli cosi da poterla tranquillamente “delegare” dai genitori stessi ai figli maggiori ( anche tenendo presente la eventualità di numerosa composizione della prole), talaltra – però – andava a tramutarsi in vere e proprie forme “di autoritarismo” ( in eccesso di rispetto), in quanto tali preordinate ad instaurare situazioni di sudditanza psicologica in favore dei giovani maggiori di età anagrafica rispetto ai più piccoli; il tutto anche se avveniva – chiaramente – in buona fede, ovvero come una sorta di consuetudine/prassi da stile di vita che andava come a consolidarsi intrinsecamente, ovvero come ad essere sottointeso – o quantomeno – sottointendibile il ruolo di “ genitore comunque delegabile “, oltre le contingenze e le estemporaneità da mera circostanza e/o occasione, quindi comunque senza pericolo di strumentalizzazioni diffuse ed invasive, senza significativo rischio di inversione dei ruoli giacchè comunque poi la “ tutela finale “, la difesa delle difese , l’ultima parola, rimanevano ai genitori . Cosi, ad esempio, quando si stava a tavola con la famiglia, se il figlio/a più piccolo parlava prima del fratello/sorella più grande rischiava di essere redarguito dai secondi ( anziché dai genitori, che già solo con il loro silenzio andavano come a legittimare di crescendo l’antescritto stile di vita/”modus operandi” ) con il comune e – benchè goliardico – brocardo dialettale di “ tu ia parrà quann pisc à cuaglia “ ( tu devi parlare quando urina la quaglia ), improvvisandosi, fra le tanti implicazioni , pure esperti ornitologi; ed ancora – ad altro esempio – a soggiacere a tutta una serie di privilegi da vestiario nel senso che il c.d. capo nuovo, di prima cura/fattura fosse anzitutto riservato al fratello/sorella maggiore, per poi “ trapassare “ ad i figli più piccoli, riservandosi quindi il “ diritto di primizia/originalità “ sempre e comunque ad i figli maggiori di età ed a prescindere – pertanto, spesso – pure dalla relativizzazione di situazioni da congiuntura economica dei vari ceppi familiari di riferimento. Questa forma di eccessivo rispetto, si rifletteva pure in ambito extrafamiliare come nel caso, ad esempio, dell’uso di piccoli campi di calcio (non certo attrezzati come i moderni campi di calcetto/calciotto), laddove i ragazzi più piccoli potevano giocare soltanto dopo che lo avessero utilizzato i più grandi; altro esempio, sempre nello specifico tipico di Procida era il rimarcare particolarmente l’importanza dei misteri ( in sintesi: le tavole di legno raffiguranti episodi della vita di GesuCristo) dei GRUOSS in occasione della – mondialmente notoria – processione del Venerdi Santo, ovvero si aspettava quasi spasmodicamente i misteri dei GRUOSS e fra essi quelli di chi – sempre notoriamente – fosse quello/i con più capacità costruttive; mentre i misteri dei PICCIRIDD erano come relegati soltanto ( o prevalentemente) alla – peraltro sacrosanta – tenerezza affettiva di chi li portava, ma tuttavia anche e sempre a rimarcare chi dei GRUOSS glieli avesse costruiti . Queste “ disparità di trattamento “ ( che tra l’altro, ben legittimamente si sarebbero potuti considerare rischio di fonti di eccessive competizioni, tensioni se non addirittura pure divisive anziché inclusive) erano probabilmente espressione di un distorto senso di intendere una sorta di primogenitura rispetto non solo alla proliferazione naturale/biologica ma anche e soprattutto perché esprimenti una particolarissima forma di “prelazione” in ordine all’accesso “ al benessere “ post bellico ( della seconda guerra mondiale) per aver conosciuto temporalmente prima i benefici della conseguente ricostruzione, che dunque si rifletteva a 360 gradi, o quasi; una delle correlazioni a tale assunto è che qualora questo “ pseudopotere generazionale “ fosse stato messo in discussione se non addirittura a rischio/repentaglio, in progresso di tempo, è come se costoro – sicchè troppi grandi – , ovvero I’GRUOSS potessero persino giungere a rivendicare una sorta di “ lesa maestà “ con la implicazione di riconoscersi eventualmente altresì in un “ capo carismatico “ rappresentativo emulo generazionale per “ tutelarsi/difendersi “ al meglio e cosi consolidare tale loro pseudopotere generazionale dai “ PICCIRIDD “ ( i più piccoli di età anagrafica, nel dialettale specifico, per essere ancora più precisi ). Di talchè anche il volgo, la “borgata linguistica“, l’eccessivo periferico e/o provinciale senso di intendere la “ legittima ribellione” a tale status quo, si immedesimava in tale ottica, come a pseudoinorgoglirsi – meritandosi lo svincolo in toto – rispetto alla lingua nazionale per essere “ più grandi “, ovvero gli antescritti GRUOSS, mentre i “ PICCIRIDD “ dovevano, quindi, aspettare di crescere non solo come persone ma anche già solo anagraficamente per ambire alla pari dignità cosi omnicomprensivamente intesa, per aspettare insomma il loro turno cosi variamente subordinato e persino subitaneo, troppo esposto alla sorpresa dell’improvviso e del repentino nel manifestarsi da cogliere oltremisura impreparati, attesa comunque la assuefazione/rassegnazione maturata a causa di tale perdurante/radicata situazione esistenziale; quanti comunque “ svantaggi “ dei PICCIRIDD – dunque – rispetto ai GRUOSS che per “ recuperare “ sono stati vieppù stimolati a migliorarsi sempre un po’ di più, essere “ costretti “ i PICCIRIDD a dare sempre qualcosa in più rispetto alla strada comunque già spianata dei GRUOSS nel senso complessivamente suesposto. Chiaramente questo discorso/assunto generale mi è stato percepibile direttamente – e compatibilmente – con il mio essere nato nella seconda metà degli anni 60 e quindi riferito alla comparazione esperenziale con coloro che sono nati fra fine anni 50 e prima metà degli anni 60, fra canalizzazioni amicali, parentali, oltre che – altrettanto chiaramente – di dominio pubblico per la notorietà di tali situazioni ( e sempre e chiaramente argomentando in termini assolutamente generali e quindi con ogni inevitabile limitazione sicchè connaturata a tale argomentare) . Per fortuna questo inconsono senso di intendere il divario anagrafico-generazionale è andato gradualmente diminuendo fino quasi a scomparire nelle epoche più recenti, proporzionalmente con l’accrescersi di aperture mentali, senso critico, maturità, culture varie e connesso rispetto, inspecie per il mutamento dei rapporti sociali e comunicativi, con particolare riferimento alla rivoluzione informativa di internet; sotto tale ultimo precipuo profilo, l’inquadramento storico acquista – dunque – rilievo ragguardevole, imprescindibile. La conclusione più sintetica e succinta al contempo che si può ben legittimamente trarre è che ancora una volta occorrerebbe attingere dai famosi “ corsi e ricorsi storici “ vichiani, in particolare se si considera (e senza andare troppo indietro nel tempo) che i nostri avi “ GRUOSS “ ( ad esempio, ante seconda guerra mondiale), nel discorso prioritario ed assorbente del contribuire invece sin da “ PICCIRIDD “ al sostentamento familiare ( come ad esempio mio padre – classe anagrafica , 1921 – in quanto figlio maggiore di sette fratelli e due sorelle), dovevano prima – ad altro esempio correlato – provvedere economicamente a consentire di sposare le sorelle, eppoi potersi sposare loro ed avere una famiglia nuova a seguito di coniugio ; insomma i cicli che ritornano sempre, che in quanto tali non muoiono mai appieno, per poter rigenerarsi onde poter consentire il completamento all’incompiuto, almeno come garanzia da “ pari opportunità “ gradualmente intese di divenire, già solo percorrendo il divenire stesso come logica anziché staticizzarsi in attesa di astratti modelli da imperscrutabile ricambio generazionale e quindi senza la certezza – o quantomeno una forte probabilità – di essere accompagnato pure da un cambio di mentalità, rischiando quindi di impelagarsi in approfondimenti solo parventi, formali e cosi fuorvianti al cospetto di effettivi rivolgimenti contenutistici . E nel piccolo di una esigua realtà territoriale-insulare come l’isola di Procida, l’osservatorio che permette risulta essere ancora più probante, per la specialità di conoscersi un po’ tutti nella socialità – comunque insita – nei rapporti interpersonali, anche per tramando da testimonianze risalenti ma pur sempre vivide in chi possiede adeguata sensibilità per riportare a meritorio equilibrio “ I GRUOSS “ ed i “ PICCIRIDD “, almeno per continuare a sperare che la ruota meritoria generazionale continui a girare e rigirare per confermare il ripristino delle pari condizioni di partenza fra tali diverse classi e/o categorie esistenziali degli esseri umani, per verità e giustizia estese ad i vari livelli conosciuti e conoscibili, ovvero andando anche oltre il “ condizionamento ambientale da lotta di classe “, per la stratificazione sociale comunque inevitabilmente presente in ogni epoca. Per un mondo migliore, sin da tali significative briciole da esempi “ impastati “ dal tempo ma diradati da – auspicabili – crescenti sensi di responsabilità, consapevolezze e discernimento, di maturità come crescendo, a contribuire ad esprimere e distribuire meritocrazia in modo sempre più pregnante a 360 gradi, ovvero come educazione al concetto di comunità e quindi di reciprocità di diritti e doveri, della solidarietà, partendo dalle cellule primigenie della famiglia, passando per la scuola ed ogni forma legittima da aggregazione/inclusione – in primis – sociale per giungere alla formazione delle nuove generazioni, restituendo al contempo fiducia e credibilità nelle istituzioni, ovvero nell’armonioso raccordo fra gli apparati e le comunità di volta in volta considerate, nel tempo del nostro crescere sempre più variegato ma anche – in quanto tale – riguardoso dello specifico e della diversità che arricchiscono sin già dal confronto e mai dallo scontro, dalla umiltà e dall’onore di sentirsi PICCIRIDD proprio perché invece GRUOSS vivendo la interiorità più profonda, cosi sopraffina da esprimere la dimensione valoriale del nostro umano coesistere ad idioma di tali criteri ispiratori e principi direttivi.