Peppe Giaquinto – Riprendiamo il nostro cammino soffermandoci, ovviamente, sull’evento dell’anno: Procida Capitale Italiana della Cultura 2022. Una proclamazione per certi versi inaspettata ma che premia una giusta intuizione dell’amministrazione guidata da Dino Ambrosino. Una delle operazioni di marketing territoriale più riuscite della storia recente. Non sarebbero bastate le centinaia di migliaia di euro per poterla sostenere. Ed invece, ecco che, velocemente, la nostra isola conquista i riflettori e l’attenzione di tutto il mondo.
Su questo bisogna fare due considerazioni. Una la faccio subito, l’altra, per non dilungarmi, in un prossimo post.
Prima considerazione. Se oggi la nostra isola conquista il meritato riconoscimento, va detto che il percorso di lungimiranza amministrativa parte da lontano. Mi pare di capire che questa proclamazione viene giustamente inquadrata nell’ottica di consolidare quel segmento turistico – economico che oggi in molti chiedono. Ebbene, senza voler addentrarci troppo nel tempo passato, possiamo dire che dal dopoguerra in poi l’isola ha vissuto decenni in cui si è andato delineando quel cammino di sviluppo territoriale e turistico che avrebbe affiancato la marineria nell’economia isolana. Basti qui ricordare che negli anni ‘50 e ‘60 sono state costruite importanti arterie stradali come via Libertà, via IV Novembre, via Alcide De Gasperi; Lungomare Cristoforo Colombo, via Scipione Brandolini, senza le quali oggi difficilmente si potrebbe parlare di espansione turistica ed economica. Poi, dagli anni ‘80 e nei successivi decenni sono arrivate alcune importanti opere come i porti turistici di Marina Grande e di Marina Chiaiolella, la chiusura definitiva del carcere, la bonifica di Punta Solchiaro da discarica di rifiuti, ma anche la pedonalizzazione dell’isola nelle ore serali ed in determinate zone, il trasporto pubblico marittimo e terrestre rivoluzionato ed intensificato, ulteriori arterie stradali e tante altre opere pubbliche. Ad inizio secolo è nata la struttura che ospita il presidio ospedaliero, ci sono state l’acquisizione dell’ex struttura carceraria con Palazzo D’Avalos al patrimonio comunale, la nascita del Palazzo della Cultura a Terra Murata, le promozioni territoriali attraverso il cineturismo, i percorsi territoriali, le attenzioni di tv di tutto il mondo, i set cinematografici, importanti manifestazioni culturali, e tanto altro ancora. Accanto a tutto ciò, non bisogna trascurare il grande percorso di impostazione di quel turismo culturale degli anni ’80, fondato su grande progettualità e partecipazione, a volte avversato da una politica più conservatrice, che ha visto il proliferare di attività imprenditoriali nel commercio e nel turismo da parte di giovani e meno giovani, oltre ad una serie di manifestazioni di indiscussa valenza che hanno attirato ospiti illustri ed attenzioni ovunque, contribuendo a dare una ulteriore nuova prospettiva di futuro al territorio.
Certo, ci sono state tante brutture a cui non si è saputo porre rimedio con una devastazione urbanistica ed una crescita esponenziale del traffico veicolare privato. Ma questo va addebitato in modo trasversale a tutte le amministrazioni che si sono succedute, figlio di quel bisogno di espansione e di modernità che i cittadini hanno chiesto e a cui fino ad oggi non si è saputo dare risposta in termini di “terapia”.
Ma, ribadisco, la visione strategica di futuro ha caratterizzato una buona parte delle amministrazioni che si sono susseguite nella storia recente della nostra isola e che oggi ne permette la consacrazione a livello turistico e culturale. Il resto ovviamente è merito del Signore del Creato che ci ha donato ricchezze naturali invidiabili. Ma un doveroso riconoscimento va alle tante donne e ai tanti uomini che nel corso della storia millenaria del nostro territorio hanno saputo creare, consolidare e tramandare mestieri, tradizioni, vocazioni, valori. Innanzitutto, la vocazione marinara che ci ha permesso di solcare i mari del mondo con orgoglio e professionalità, ma anche di essere bravi armatori e uomini di commercio ed affari. E poi il patrimonio materiale e immateriale di cui siamo ricchi da tempo, le maestrie artigianali, i prodotti tipici del mare e della terra, un sano e ricco volontariato associativo, un attivismo politico e culturale che ha caratterizzato soprattutto gli ultimi decenni del secolo scorso. Insomma, eravamo già Capitale e nessuno se ne accorgeva.
A tutti questi protagonisti del passato va detto un grazie di cuore.
Ai contemporanei va riconosciuta la intuizione.
Ai posteri va affidata un’isola fragile, dalle mille contraddizioni, ma capace di attrarre e suscitare simpatie ed emozioni.
L’importante è saper avanzare in modo collettivo, con visioni strategiche, con idee chiare e con la capacità di essere al servizio del territorio ed inclusivi di tutta la comunità che lo arricchisce