Gino Finelli – Cara Procida,
sento il bisogno di scriverti poiché è da tempo che non riesco ad esprimere le mie emozioni, i miei pensieri. Non riesco a comunicare con te se non attraverso un linguaggio sbrigativo, privo spesso di quell’emozionalità che ha da sempre accompagnato il nostro rapporto.
Sono trascorsi tantissimi anni da quando ci siamo conosciuti e, fin dall’inizio è stato un amore intenso a tratti rabbioso, e come spesso accade, disturbato, compromesso da eventi e da situazioni che hanno tentato più volte di minarlo. Ma nonostante tutto il nostro amore è continuato, maturando e divenendo così un legame stabile e insostituibile.
In tutti questi anni molte cose sono cambiate e, se pur tutto sembra sempre immobile e ripetitivo, se pur all’arrivo si ha sempre l’impressione di non essersene mai andati poiché tutto appare immutato, nella realtà tutto è cambiato a partire dagli odori che in primavera si sentivano nell’aria fino ad arrivare ai giardini che sono scomparsi dietro cancelli e muri di cinta, privandomi così di quella libertà che avevo da ragazzo di attraversarli senza mai essere fermato o sgridato.
Il pullman, un Fiat 615 che dalla Marina grande percorreva la strada principale fino alla Chiaiolella in uno scenario di vecchi e prestigiosi palazzi, è un ricordo lontano in quelle stradine progettate per carri e attraversate oggi dall’infinito numero di auto e motorini.
La bellezza selvaggia e solo apparentemente decadente, si è trasformata in un progetto disordinato di urbanizzazione e in una anarchia di scelte, di colori che erano la caratteristica e la prerogativa delle contrade, così come i porticcioli dove si camminava tra le reti dei pescatori e le barche a secco, sono divenuti bistrot all’aperto senza una organizzazione, privi di un disegno urbanistico comune e liberi di emettere gli odori del cucinato, trasformando quella passeggiata misteriosa e selvaggia in una gincane tra tavolini e odore di fritto.
Le spiagge, piccoli lembi di sabbia scura e vulcanica, occupate da lidi, addossati l’uno all’altro che curano solo il proprio spazio, lasciando quello libero sporco e senza servizi, sono un insieme di ombrelloni confusi, di stabilimenti balneari privi di quella immagine, anche retrò, che dovrebbe essere la caratteristica del luogo.
Ti ritrovo, dopo tanti anni di rifiuto o di incuranza per il turismo, con un tentativo di apertura scoordinato, senza una progettualità, improvvisato da chi pensa di avere capacità ed esperienza, di essere imprenditore del suo piccolo “podere”, senza avere fatta la gavetta per avere la giusta conoscenza per esserlo.
Ti guardo nel tuo affondare nei piccoli problemi quotidiani e ti sento piangere per essere ferita nella tua essenza, nella tua natura, in quell’equilibrio tra storia, ambiente e tradizioni che da sempre sono state la tua forza e la tua speranza.
E piangi di un pianto che solo in pochi riusciamo a sentire. Solo in pochi ci sentiamo bagnati dalle tue lacrime percependo la sofferenza profonda e il desiderio di rinascere, di riprogettare il tuo futuro per la tua salvezza.
Siamo pochi è vero a percepire la sofferenza, ma forse toccando il fondo, bastiamo per elevare un grido tanto forte da scuotere le coscienze e aprire finalmente un cammino per ritornare a guardarti nel tuo splendore
La bellezza ci può trafiggere come un dolore, diceva Thomas Mann, per questo oggi molti non sentono dolore, non sono trafitti da quella bellezza che non hanno mai conosciuta e imparato ad ammirarla.
Cara Procida, oggi dobbiamo rinascere, alzarci al mattino in un vortice di colori, guardare lontano dimenticando gli errori del tempo trascorso. In quell’orizzonte, con l’arcobaleno sul mare, la nostra speranza, la magica esplosione di un futuro a colori.
Uniamoci in un abbraccio comune per far si che questo sia l’anno che apra la porta della coscienza collettiva, quella del rispetto della nostra terra, dei nostri valori della nostra storia, del nostro linguaggio.
Che sia la cultura, veicolo di coesione tra i popoli e di sviluppo sostenibile, la via di una rinascita, perché questo scoglio sul mare possa nuovamente trafiggerci con la sua bellezza.
Forse penserai che è un nostalgico appello dettato dall’età, da quello che hai saputo trasmettere a me e a tutti coloro che ti hanno vissuto in quel tempo, ma credimi è invece un desiderio che voglio trasmettere, soprattutto ai giovani, per vederti sempre più bella