Procida – Quando mancano ormai solo una decina di giorni all’inaugurazione di Procida Capitale della Cultura, che sarà «benedetta» dalla presenza di Mattarella, si avvita sempre più su se stessa la crisi gestionale della riserva istituita venti anni fa e sfuma definitivamente, per chi ancora lo coltivava, il sogno che l’isolotto possa entrare a far parte delle manifestazioni e delle iniziative in calendario per l’evento. Resterà inaccessibile. è quanto riportato da Fabrizio Geremicca che da anni segue da vicino le sorti di Vivara.
«Era nell’aria, ora c’è la ufficialità. Rino Esposito, il presidente della riserva statale di Vivara, l’isolotto collegato a Procida da un ponte che in realtà nacque come sostegno per le tubazioni di un acquedotto, ha inviato la sua lettera di dimissioni a Roberto Cingolani, il ministro della Transizione Ecologica. Decorrono dal I maggio. La questione sarà messa all’ordine del giorno del prossimo comitato di gestione della riserva naturale, in calendario il sei aprile.
Le motivazioni dell’ormai ex presidente
Un tesoro di biodiversità e di archeologia – ci sono testimonianze che risalgono all’epoca micenea – che coloro i quali verranno a Procida nei prossimi mesi non potranno ammirare. Sono vari i motivi che hanno indotto Esposito – esponente di spicco della Lipu, già direttore del Parco del Vesuvio e agente della polizia provinciale – a rinunciare all’incarico dopo due anni. Ragioni personali, perché è difficile conciliare l’impegno di un incarico non retribuito con quelli lavorativi e familiari.
Motivi legati alla inconsistenza della riserva naturale sotto il profilo del personale: non c’è un organico ad essa dedicato, solo poche unità di personale distaccate da altri enti. La direttrice Simonetta Volpe, architetto della Regione Campania che per un certo periodo ha svolto part time anche l’attività di direttore di Vivara, è andata via già da qualche mese, per tornare alle funzioni a tempo pieno nell’ente di provenienza. Nella scelta di Esposito, infine, hanno pesato certamente anche i contrasti con gli eredi Diana, proprietari dell’isolotto, che hanno reso impossibile l’apertura al pubblico.
La disputa con i proprietari
«Momentaneamente non visitabile» è infatti la scritta che appare a chi si affacci alla pagina internet ufficiale della riserva naturale. I proprietari, i quali in tribunale fecero valere alcuni anni fa le loro ragioni sull’ente Albano Francescano, hanno negli ultimi due anni avanzato pretese economiche che l’ente gestore guidato da Rino Esposito ha ritenuto di non poter soddisfare. L’ipotesi di un esproprio da parte dello Stato, che avrebbe messo fine alla curiosa situazione di un isolotto che è riserva naturale statale, ma è proprietà privata, non è decollata, forse anche per il timore che i Diana avrebbero messo in campo una serie di ricorsi che avrebbero determinato un contenzioso piuttosto complesso.
L’ultima richiesta economica dei Diana era stata questa: 23.890 euro in una unica soluzione forfettaria da incassare all’inizio del 2022 in riferimento agli introiti delle visite guidate ed accordi separati nei quali stabilire un quantum in denaro per la proprietà, da definire di volta in volta, per tutte le altre attività. Avevano aggiunto che l’accordo non avrebbe incluso «tutte le attività di promozione giornalistica dell’isola, su cui la proprietà chiede un ristoro economico». Richieste irricevibili secondo la maggioranza del comitato di gestione ed il suo presidente, confortati dai pareri dell’Avvocatura dello Stato e del Collegio dei Revisori dei Conti».
Ovviamente la querelle ha trovato spazio anche tra gli internauti dell’isola:
Davide Zeccolella: «Dopo le dimissioni del responsabile tecnico della riserva di Vivara ora sembra arrivare anche il passo indietro del Presidente, rimasto a capo di un ente senza personale e senza la piena disponibilità di un’isola di proprietà privata. Il tutto nell’anno in cui si dovrebbero festeggiare i 20 anni dall’istituzione della riserva naturale… nel consueto disinteresse, a partire da Roma fino a Procida. Ho il piacere di essere amico di Rino da più di 20 anni e conosco bene il tempo speso, la determinazione, le competenze introdotte in questi ultimi due anni nel tentativo tenace di migliorare le sorti dell’isola di Vivara. È riuscito a portare la sede della riserva a Procida (incredibilmente era in via Milano a Napoli in un condominio) e a chiedere ufficialmente allo Stato un provvedimento di esproprio dell’isola. La stessa isola che dovrebbe essere un polo culturale della tutela ambientale è ridotta a un posto in cui le persone perbene, quelle che non si mettono al servizio per soldi e la cultura la praticano quotidianamente, fanno fatica a restare. La stessa sorte toccò al prof. Punzo un po’ di anni fa. Purtroppo, ora come allora, non c’è da ringraziare proprio nessuno per aver evitato tutto ciò»
Sebastiano Cultrera: «Chi sostiene l’esproprio sostiene una posizione demagogica. La procedura d’esproprio sarebbe molto lunga e costosa. Mi sembra che la proprietà abbia detto di essere disponibile a vendere l’isola allo Stato. Con l’accordo tra le parti tutto sarebbe più fluido. Ma naturalmente si vuole far credere che l’esproprio sia punitivo nei confronti dei proprietari e quindi si fa demagogia. Il bene andrebbe comunque pagato a prezzo di mercato e la definizione del prezzo (in via giudiziale) sarebbe lunghissimo e costosa. Oltre al rischio (quasi certo) che il prezzo finale deciso dalla procedura d’esproprio sia superiore a quello di una vendita consensuale. Ma siccome la parola ESPROPRIO sembra più decisionista si insiste nella demagogia. L’ho detto e ripetuto: LO STATO DEVE ACQUISTARE VIVARO e farlo subito. Se anche i procidani la smettono di seguire ogni pifferaio magico che racconta balle (come questa dell’esproprio) è meglio».
Carlo Scotto: «Non ne sono così convinto che la procedura negoziale sia da preferire all’esproprio. L’argomento del contendere è la valutazione $$ dell’isola che non è per nulla agevole. L’esproprio consentirebbe di impostare la valutazione sulla base di parametri oggettivi definiti dalla Corte dei Conti mentre la procedura negoziale rischierebbe di affossare l’operazione essendo larga la forbice tra domanda e offerta. Spetta allo Stato valutare e mettere un prezzo ad un bene di così difficile valutazione…e non al mercato».