Procida – Avvolta nella baia della Chiaia, da giorni la nave scuola Palinuro ospita un’esposizione incentrata sulle emergenze sanitarie del passato, le epidemie, le misure di contenimento e rimedi tentati per superarle, attraverso la presentazione di documenti storici provenienti da tutta Italia.
Un ponte ideale tra passato e presente, tra la nostra storia e l’attualità con cui il nostro paese – come il resto del mondo – si è confrontato in questi ultimi due anni.
Con la mostra “Storie di epidemie tra Terra e mare nelle carte dell’archivio”, la direzione generale archivi ha offerto il proprio contributo al ricco programma di eventi previsti per Procida capitale italiana della cultura 2022 rinnovando la collaborazione con lo Stato Maggiore della Marina Militare e la nave scuola per Allievi Sottufficiali Palinuro che già in passato aveva ospitato mostre della documentazione conservata negli archivi di stato e che assume un valore ulteriore nell’anno in cui la capitale italiana della cultura è un’isola come quella di Procida.
La storia dell’isola di Arturo è una storia di naviganti. E’ talmente noto come la marineria rappresenti per l’isola una vera e propria punta di diamante che qui basta ricordare il fatto di essere stata patria di generazione di Capitani, marinai, macchinisti che hanno solcato i mari di tutto il mondo.
Forse meno noti invece il fatto che proprio questa lunga e prestigiosa tradizione marinara abbia dato origine per la prima volta nella storia – e per volontà degli stessi marinai procidani – alla creazione di una mutua assistenza di categoria per i marittimi il Pio Monte dei marinai istituito nel 1617 inizialmente con le finalità di garantire una dote alle figlie dei marinai morti in mare e successivamente vera e propria Previdenza Sociale ante litteram.
Oppure il fatto che il procidano Michele De Iorio fu autore del codice ferdinandeo o codice Marittimo compilato per ordine di sua maestà Ferdinando IV re delle Due Sicilie primo codice di navigazione del regno compilato nel 1779 su in carica dello stesso sovrano sebbene mai promulgato.
Nessuno come i naviganti conosci i pericoli di un’epidemia. La peste che ha più riprese ha flagellato il nostro continente nei secoli passati viaggiava sulle navi insieme alle preziose merci e agli inconsapevoli uomini per poi dilagare indisturbata prima che finalmente se ne rintracciasse l’origine.
Proprio per questo le navi diventavano i primi avamposti del contenimento. La stessa parola quarantena richiama i 40 giorni tipici di isolamento cui nel quattordicesimo secolo venivano sottoposte le navi sospettate di provenire da zone infette.
Misure che tuttavia non riuscirono a risparmiare le popolazioni da violente epidemie. La stessa isola di Procida – che almeno fino all’unità d’Italia ebbe anche un ruolo attivo nel controllo sanitario della frontiera Marittima – conobbe diverse epidemie, tra cui quella del colera tra il 1836 il 1837 che colpì con particolare virulenza Napoli.
Il percorso che la mostra propone ai visitatori è un viaggio nel tempo della nostra storia, attraverso lo spazio del nostro territorio del quale per un anno Procida è la capitale culturale
“La mostra ci ha fotografato come gli uomini e le donne che ci hanno preceduto seppero affrontare e vollero superare un nemico che per molti secoli restò invisibile” ci dice Antonio Lubrano che, come tanti altri procidani, ieri è stato sulla Palinuro.
Oppure come Maria Scotto di Vettimo Insegnante: “Sono rimasta molto affascinata dalla bellezza della nave scuola Palinuro e molto toccata dalla documentazione che testimonia come le comunità del nostro paese hanno affrontato le epidemie nei secoli. Questa mostra mi ha fatto pensare a Procida e al momento che sta vivendo, importantissimo da capitale della cultura. La nostra Procida da sempre guardato il mondo, anzi lo ha percorso attraverso i naviganti che sempre con quella mentalità aperta hanno instaurato rapporti di amicizia e collaborazione con il mondo intero. I nostri naviganti con grandi sacrifici hanno determinato non dimentichiamolo il benessere dell’intera comunità. Questa visita mi ha fatto riflettere sul nostro passato e me lo auguro che lo possa essere anche per i tanti giovani pensando ai sacrifici dei nostri avi e per guardare al futuro con grande ottimismo”