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Come sposare un toscano a Procida? Trame di metà Settecento

DiRedazione Procida

Gen 3, 2023

Giovanni Romeo – L’intricata causa di impedimento matrimoniale che sto illustrando da alcune settimane su “Il Dispari”  e “Tg Procida”– quella che oppose a metà del Settecento dinanzi ai giudici diocesani di Napoli Lucia Mazzella, una ragazza isolana, e Andrea Mainardi, un giovane chirurgo toscano – sembrava volgere a favore del forestiero.

Tuttavia, pur ben difeso da un avvocato abile, capace anche di smascherare una falsa dichiarazione resa ai suoi danni, Andrea cantò vittoria troppo presto. La controffensiva giudiziaria della famiglia di Lucia, la ragazza che pretendeva il diritto al matrimonio con lui, fu rapida ed efficace.

Ai primi di settembre del 1752 ne espresse con vivacità il senso complessivo l’ultima testimone ascoltata, la moglie di un marinaio. Fu lei a raccontare per filo e per segno ai giudici ciò che le aveva riferito Narda, una delle amiche di Lucia presentatesi in Curia per dichiarare – falsamente – di aver assistito allo scambio della promessa di matrimonio tra lei e il giovane.

La donna, dopo averle ribadito che ‘atteso essa dovea morire e dovea stare morta sopra al letto colle mani stese, perciò avea detto la verità’, aveva aggiunto nervosamente una frase rivelatrice della sua malafede: ‘ad essa poco importava detto Andrea Mainardi, esso era fiorentino e la voleva fare ad una dello paese’…

In quella confidenza spassionata si riassumeva bene il senso della linea di intervento ideata dal legale di Lucia e seguita con precisione da un folto numero di testimoni. Nell’estate del 1752, nel giro di una decina di giorni, sfilarono in Curia parecchi isolani, pronti a riferire in tribunale sulla serietà e continuità nel tempo – invero dubbia – delle intenzioni matrimoniali di Andrea.

Colpisce nelle loro deposizioni una serie di evidenti falsità, ascoltate peraltro senza obiezioni da giudici forse propensi a dare una mano alla ragazza. Si puntava ovviamente a dimostrare che l’ampia libertà di comportamento dei due giovani era stata solo il frutto di una reciproca promessa di matrimonio.

Proprio per quel motivo essi si erano lasciati andare, anche alla presenza di terzi, a ripetute confidenze. Una donna arrivò addirittura a dichiarare – particolare ben poco credibile – che Andrea aveva ‘tolto l’onore’ a Lucia alla sua presenza, tra l’altro contro la volontà della ragazza.

 A suo dire, inoltre, siccome era svenuta per l’impressione riportata dall’inatteso epilogo di una visita come tante, il giovane l’aveva anche aiutata a ristabilirsi. Di lì a poco, però, ulteriore conferma della ‘normalità’ dei rapporti intimi tra i due, una gravidanza e un aborto, governato da Andrea, erano stati l’inevitabile esito di quella fase.

Di una vicenda così intricata si parlava ormai ovunque nell’isola. Se ne era discusso animatamente nel maggio di quell’anno anche su una imbarcazione che trasportava parecchi isolani da Procida a Napoli. Non tutti, peraltro, concordavano con la versione dell’accaduto riferita da una delle amiche della ragazza.

Quando lei entrò con troppa disinvoltura nei particolari di quella relazione, uno dei presenti, un giovane sarto che conosceva e stimava Andrea, anche perché ne era stato curato efficacemente, intervenne indispettito e le domandò: ‘Tu questo come lo sai? ’ La donna però rispose senza esitazione ‘che l’havea veduto essa, intendendosi che vi era stato male tra detti’.

Tra l’altro, mentre i rapporti tra i due si intensificavano, nella concreta preparazione del matrimonio si profilavano svariate difficoltà: dalle spese per il vestito di lei, che Andrea non voleva sostenere, anche se pretendeva che fosse signorile e fosse acquistato a Napoli, alla richiesta di un terreno dove costruire la casa. Quest’ultima condizione fu lasciata in sospeso dall’onnipresente zio prete di lei, regista indiscusso della complicata trattativa.

La deposizione più importante fu però quella di don Andrea Vigliena, il sacerdote che governava spiritualmente la chiesa in qualche modo competente per territorio, quella di S. Maria delle Grazie. Egli dichiarò ai giudici che era ben informato sulla vicenda e ne chiarì alcuni passaggi cruciali.

Secondo lui, la situazione era precipitata nel maggio del 1751, quando Nicola, il bottegaio con cui da tempo la famiglia della ragazza aveva raggiunto un accordo sulla dote, accortosi dei contatti tra Andrea e Lucia, aveva posto un aut aut ai genitori di lei: o il suo matrimonio con la figlia si celebrava subito o per lui la vecchia intesa non valeva più.

A quel punto, per quanto gli era stato riferito, anche il giovane toscano si era fatto sentire e aveva intimato al rivale di non guardare più Lucia. Si era aperta perciò una fase nuova, fatta di faticose trattative tra il forestiero e la famiglia della ragazza. Proprio allora don Andrea era stato coinvolto direttamente nella vicenda.

Cecilia, l’intrigante madre di Lucia, avvertita da un confessore, a sua volta autorizzato da una penitente, gli rivelò di aver saputo che la figlia era stata stuprata dal chirurgo. Chiese perciò all’ecclesiastico di andare dal giovane e di vincolarlo in coscienza a sposarla. Don Andrea la accontentò, anche se poco convinto: il forestiero aveva cambiato casa e quella decisione non faceva presagire niente di buono. Infatti, quando pochi giorni dopo cercò di convincerlo, non ci riuscì. Il peggio, però, per il chirurgo toscano, doveva ancora venire…(continua)

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