Sebastiano Cultrera – “Amò Procida”. Vittorio PARASCANDOLA volle che fosse scritto così nella sua tomba. Quando lo
raccontava e ci preannunciava, da vivo, questo suo epitaffio, mi sembrava una iperbole. Ma era proprio
Procida, nella sua interezza, la vera iperbole di Vittorio PARASCANDOLA, uomo colto ed intelligente,
sensibile, elegante e curioso; ed indagatore dei costumi, del linguaggio e della vita degli umili.
Il giorno 27 gennaio cadrà il trentennale della sua morte. E mi sembra che la data cada proprio in un
momento emblematico della storia dell’isola. Viviamo infatti la fase del “ritorno alla normalità”, cioè la
naturale fine dell’esperienza, per alcuni versi esaltante, di Procida Capitale. E il destino sembra fornirci
subito una potente arma per potere “bastare” a noi stessi, anche senza il titolo “decaduto”. Vittorio
PARASCANDOLA (con la sua storia ed i suoi insegnamenti) può essere la chiave giusta per ripartire, con le
nostre proprie risorse.
La vicenda di Procida Capitale si è rivelata una scommessa ampiamente vincente. La notorietà e la
reputazione dell’isola ne ha fortemente guadagnato e anche, indiscutibilmente, la sua economia. E se dal
punto di vista logistico ha dato indicazioni importanti (e qualche monito) per una migliore gestione dei flussi
turistici, dal punto di vista culturale è stato un susseguirsi di azioni di grande qualità e di buon riscontro di
pubblico e di critica. Ma soprattutto ha contribuito a ribadire il dato che l’Italia è un catalizzatore mondiale
di bellezza e di cultura. E che partendo anche da una piccola isola (pur straordinariamente densa di storia,
tradizione e di splendore) è possibile tenere alta la bandiera italica della cultura.
L’investimento di Procida Capitale ha reso, secondo me, tantissimo in termini di sviluppo locale (con le
ovvie criticità di ogni fase di crescita). Un poco meno, a mio modo di vedere, in termini di sviluppo culturale
locale. Forse non poteva essere altrimenti, ma Procida è sembrata essere, talvolta, solo uno splendido
scenario di eventi pensati e digeriti altrove e non si è saputo (o voluto) valorizzare al meglio la cultura
locale.
La (forse indispensabile) scelta di incaricare l’ottimo e vincente progettista del (fantasmagorico?) DOSSIER
come Direttore Artistico dell’evento ha segnato il destino dell’Anno della Cultura, caratterizzandone un
tratto ideale predeterminato (forse ideologico) prima che culturale, peraltro con ampi e prestigiosi riflessi
nazionali ed internazionali, ovviamente nelle medesime correnti di pensiero. È stata una operazione vincente
da molti punti di vista, ma per alcuni aspetti, un poco effimera. E l’Isola deve gestirsi, oggi, trovandosi in
mano soprattutto una ulteriore grande notorietà acquisita pur non avendo avuto occasione di svelare tutte le
proprie potenzialità culturali. La vetrina, forse, doveva (e poteva: l’isola ne aveva le potenzialità) essere più
ampia, evidentemente. Da gennaio si torna, quindi, necessariamente, a dovere dare più importanza e risalto
alla cultura locale.
Ed ecco che l’isola ritrova, nel suo cammino, Vittorio PARASCANDOLA. Questa attitudine a valorizzare i
costumi, il dialetto e lo spirito originario della cultura procidana Parascandola lo ha sempre messa in atto.
Ma senza dubbio la pietra miliare della sua produzione intellettuale è “VEFIO”, pubblicato nel 1976, che
costituisce, a mio parere, la più importante risorsa libraria dell’isola. È il testo fondamentale per chi vuole
conoscere l’isola, e non solo il suo dialetto. Sia perché il dialetto è sempre una parte fondamentale della
narrazione di un luogo, da parte degli stessi abitanti, sia perché VEFIO non si limita ad essere un “folk
glossario” (come dichiarato dall’autore) ma è molto di più: è un compendio mirabile di quadretti di vita
isolana, che mostra molto degli usi e costumi dell’isola, e perfino della sua storia (vista dal punto di vista
della gente comune).
Mi è giunta notizia di una nuova ristampa di VEFIO, che è da tempo, di nuovo, esaurito nelle librerie. Ne
sono felice: nel 2000 mi occupai (come direttore culturale del Parco Letterario) della prima ristampa,
concordandola con il Sindaco dell’epoca, Luigi MURO. Fu un grandissimo successo e volle essere il segno
di una CONTINUITA’ culturale che l’isola dovrebbe coerentemente rispettare: sempre! Parascandola, con
l’amministrazione dell’epoca impostò un progetto politico che aveva come asse portante il turismo culturale.
Varando, tra le altre iniziative, la prima edizione del Premio Elsa Morante. La cultura locale si è spesso
intrecciata con quella nazionale. E personaggi storici, politici e culturali di prima grandezza hanno segnato
questa isola.
Per limitarci all’età contemporanea molti procidani hanno primeggiato in produzione intellettuale. Ne cito
solo i primi che mi vengono in mente, pur sapendo di fare torto a qualcuno (anzi prego qualche lettore di
ricordarne altri): Marcello Scotti, Michele ed Andrea de Jorio, Antonio Scialoja (tre o quattro con questo
nome), Michele Parascandola, Giuseppe Imbò, Gianni Lubrano di Ricco e, quindi Vittorio Parascandola.
Ciascuno ha lasciato, nel proprio campo, testimonianze di eccellenza e di grande importanza. Un grande
giornalista e fine intellettuale continua a testimoniare Procida nel panorama nazionale: Antonio Lubrano, ed
ha festeggiato l’anno scorso il traguardo dei 90 anni.
Insomma la (meravigliosa) sbornia del 2022 ha diffuso la passione di Procida ancora di più nel mondo. A
noi tocca continuare a testimoniare l’amore per Procida, a partire dalla grande cultura locale. Anche e
soprattutto, a partire dall’avvenimento dei 30 anni dalla scomparsa di Vittorio Parascandola che lassù,
dall’alto, continua a mostrarci cos’è il VERO AMORE per la nostra isola.