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Cosa ci resta di Procida 2022

DiRedazione Procida

Gen 21, 2023

Gino Finelli – “In quest’anno da Capitale della cultura abbiamo imparato che l’energia dei singoli diviene energia collettiva.  Una grande lezione che possiamo sintetizzare   con le parole di Antonio Neiwiller:  “Che senso ha se a salvarsi è uno solo”. Dunque abbiamo imparato che la leva culturale, quando è coesiva e fortemente sentita dalla collettività, rappresenta per davvero un volano di sviluppo e d’ integrazione sociale sostenibile.

Questa la spiegazione data dal paco nella serata conclusiva di Procida 2022, una spiegazione in linea con il senso della nomina e soprattutto con un progetto di prospettiva e crescita sulla base culturale.

Tutto vero condivisibile e condiviso da me che ho sempre scritto sulla necessità di integrare, il più possibile, la popolazione nel progetto e di implementare una coesione sociale che potesse far comprendere a tutti, o almeno ad una larga fetta della popolazione, l’importanza di utilizzare lo strumento culturale, in un territorio piccolo e fortemente popolato, come la nostra isola, come volano e integrazione alla via del mare.

Una riflessione che è stata anche oggetto del libro Procida Mon- Amour e che ha spinto anche moltissimi intellettuali e cittadini comuni ad aderire all’Osservatorio per la tutela e lo sviluppo sostenibile dell’Isola, nato per contribuire attraverso competenze specifiche ed esperienze, alla riuscita di un evento così ambizioso Quest’ultimo, fortemente contestato dal Sindaco, è stato visto impropriamente ed aggiungerei anche con malizia, come limitante per le decisioni e le scelte dell’amministrazione.

Ma la domanda, che per dirlo con Marzullo “viene spontanea” è  : cosa c’è stato di inclusivo e in che misura è stata coinvolta la popolazione e come la leva culturale ha rappresentato una possibilità percepita dalla collettività di possibile sviluppo?

Pur apprezzando l’impegno, non facile e, comprendendo le difficoltà organizzative, il progetto con le sue manifestazioni e la sua organizzazione è stato carente e non già per l’aspetto culturale e per la significatività degli eventi, molti di essi sono stati interessanti, singolari e degni certamente di essere elogiati, ma l’insufficienza di comunicazione, l’assenza totale di informazione ed infine il mancato  coinvolgimento delle genti del luogo, hanno finito con il manifestare una carenza proprio di quella cultura che si è sbandierata, probabilmente senza conoscerne a fondo il suo vero significato.

E così la leva culturale che avrebbe dovuto fare da collante e promuovere coesione sociale, mitigare le conflittualità locali, ha finito con l’acuire la già complessa realtà del territorio, costruendo ancor di più fazioni, antipatie e sviluppando dei risentimenti, fino a rabbia, che nulla hanno a che vedere con la cultura e soprattutto con l’intento di chi ha voluto vedere nel progetto di Capitale della Cultura Italiana un significativo motore  di sostenibilità di un territorio attraverso un meccanismo alternativo.

Una grande lezione l’abbiamo imparata da quest’anno ed è quella che non possiamo esporre la nostra Isola al turismo di massa incontrollato ed incontrollabile. Non possiamo e non dobbiamo, per questo tipo di turismo, perdere o sacrificare la grande bellezza della nostra terra e la sua storia. Non possiamo dimenticare che il mare e le genti che hanno e continuano a lavorare su esso e per esso sono state e continuano ad essere la vera risorsa e la grande cultura del nostro territorio. E infine non dobbiamo mai perdere di vista che abbiamo già violentato il nostro spazio vitale e che quello che rimane va preservato, custodito e protetto.

Cosa dunque rimane di quest’anno? La consapevolezza forse un pò dimenticata, che l’Isola con la sua storia, le sue genti, le sue coste il suo mare, è bella è un patrimonio di immensa cultura e di grandi leggende. E’ l’oasi dove moltissimi uomini di cultura, quella vera, si sono rifugiati perché in essa hanno trovato ispirazione e creatività.

Rimane la coscienza di aver vissuto un anno sulla ribalta del mondo, ma non per apparire, come hanno fatto spesso credere, ma per essere, per quello che siamo stati, che abbiamo rappresentato nella storia dell’Italia, che siamo e che mi auguro davvero continueremo ad essere.

Procida è il luogo dove il vedere e il sentire si coniugano perfettamente divenendo così la patria e la salvezza per i suoi figli.” Dal luogo illune del tuo silenzio mi riscuote ogni giorno l’urlo del mattino

(Elsa Morante)

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