Sebastiano Cultrera – Un poco di polemica, attorno alla trasferta della statua del Cristo Morto, era prevedibile. Il Grande Amore per i nostri simboli può portare anche a prese di posizione irrazionali e, quindi, a sottomettere il ragionamento alle emozioni.
Razionalmente non ci sarebbe nessuna reale controindicazione al fatto di gratificare anche la comunità ischitana, anche solo per qualche giorno, della presenza e, quindi, dell’influsso benefico di quella statua. Ma al cuor “non si comanda” e la statua del Cristo trascende dalla sua funzione e deve essere considerata come uno dei simboli più forti della nostra isola.
E solo su questo piano si possono comprendere alcune perplessità sulla opportunità della “missione” in terra di Forio della statua. E vale la pena cercare di approfondire le motivazioni.
Invece le preoccupazioni, viceversa, che qualcuno ha palesato circa “rischi” alla incolumità della statua per colpa del trasporto (in terra e mare) sono, a mio personale modo di vedere, derubricabili a futili pretesti. Per ogni attività umana esiste un margine di rischio e perciò per ogni settore sensibile esistono tecnici e autorità apposite che valutano. Se devo costruire o cambiare un muro lo chiedo ad un tecnico, ad un muratore e sono sotto tutela delle autorità preposte al rispetto dell’ambiente, del paesaggio e delle normative annesse e connesse. Se mi garantiscono che il muro non cadrà, che non esistono rischi nel trasporto dei materiali, che non esistono interessi di terzi (comunità compresa) che vengano violati, posso essere razionalmente sicuro che il muro non cadrà e che nessuno verrà danneggiato dalla sua costruzione. Se, dopo tutta la trafila progettuale e autorizzativa, un qualunque cittadino (vicino o lontano) si sente legittimamente toccato nei suoi interessi DEVE PROVARLO: non può dire ad esempio che il “muro può cadere” se esiste una progettazione adeguata. Come nessuno potrà dire che bisogna fermare quel muro perché i furgoni potrebbero lasciare cadere pietre e terreno di costruzione, sulla strada che porta a destinazione.
Quindi, adesso, se facciamo salve le motivazioni “sentimentali”, non ci sarebbe motivo di preoccuparsi, giacché tutte le istituzioni coinvolte sono state favorevoli (o almeno hanno dato il nulla osta) al “prestito” del Cristo alla comunità foriana. Il Governo della Congrega, le autorità civili e militari, gli organi di vigilanza e tutela (artistica, religiosa, culturale e civile) hanno vagliato positivamente tutti i rischi connessi alla trasferta. E sono state prese tutte le precauzioni del caso. Chi siamo noi per dire, a questo punto, che ESISTONO RISCHI INCONTROLLATI?
Altra cosa è la legittima preoccupazione che tocca il CUORE dei procidani, che vedono allontanarsi dal proprio territorio.
Ma qui entriamo nel campo dell’opinabile, com’è proprio nelle cose dell’Amore. Perché di amore si tratta, nei confronti del Cristo Morto, da parte dei procidani. E la motivazione dell’Amore porta, tuttavia, a conclusioni non univoche. È l’Amore che spinge a Donare, pur solo per qualche giorno, la Statua alla comunità ischitana, affinché la Bellezza Tragica del (NOSTRO) Cristo venga esibita e possa indurre effetti positivi nei cuori di quella comunità. Ed è un’altra pretesa di Amore quella che vuole custodire gelosamente in loco (in Congrega) per sempre il Cristo sottraendolo, il più possibile agli sguardi “estranei”.
E qui la disputa è antica: L’AMORE VUOL DIR GELOSIA?
Ho sempre pensato che la gelosia sia una patologia dell’amore, non un effetto benefico. Anche se qualcuno la rivendica come corollario indispensabile, e, addirittura, come prova dell’amore. Ma se il tema è controverso nel campo “umano”, un minimo di conoscenza del messaggio cristiano dovrebbe sgomberare il campo dagli equivoci.
Il messaggio di Amore è insito nella statua stessa del Cristo morto e la stessa Passione di Cristo DEVE essere comunicata a più persone possibili. Cristo È il MESSAGGIO (in principio fu il Verbo…) e come tale va COMUNICATO al mondo. È un controsenso tenere una statua (nella fattispecie, poi, nata in legno proprio per essere TRASPORTATA) chiusa a chiave. Nessuno è il “proprietario” del Cristo, e quindi, se riconosciamo alla Statua del Cristo Morto un valore REALE in termini di fede (al di là dell’opera d’arte”) dobbiamo, di conseguenza accettare che un VALORE UNIVERSALE come quello NON PUO’ essere privatizzato.
La Storia (e ancora la cronaca) ricorda processioni di statue in trasferta ovunque, senza parlare del fervore che suscitavano (e suscitano) le reliquie, spesso itineranti, di Santi, dello stesso Cristo o della Madonna. Procida ha spesso beneficiato di visite di reliquie e statue da fuori. La Madonna dell’Assunta è stata a Procida l’ultima volta nel 2007 in processione. Venuta, tra l’altro, con un mezzo più piccolo del calipso e molto più esposto. Il valore artistico è almeno pari al Cristo Morto, l’autore, più noto del Lantriceni, fu Francesco Verzella, nel 1814.
Il trasporto di questi simboli sacri avvenne sempre per mare, naturalmente, come accade, talvolta per le statue di San Michele e la Madonna della Libera che vengono portati nel giro marittimo dell’isola su pescherecci. (e l’argento è più sensibile al cloruro di sodio rispetto al legno). E nessuno, giustamente, ha mai protestato dimostrando che si tratta legittimamente (ma secondo me a torto) solo della volontà di tenere gelosamente quei simboli dentro il nostro territorio.
Insomma Cristo è MESSAGGIO UNIVERSALE ed è stato un bene che abbia fatto un Opera in quel senso universalistico, con la trasferta ischitana, nelle chiese di Forio. E il miracolo del Cristo è avvenuto ancora una volta perché questa polemica può, ancora di più ravvivare lo spirito pasquale, che è il momento della CONVERSIONE, sperando che tanta GELOSIA torni a convertirsi in AMORE PER IL PROSSIMO. Per tutti, anche per quelli che vorrebbero un CRISTO FERMATO A PROCIDA.