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L’editoriale: “I “fastidiosi” VILLEGGIANTI”

DiRedazione Procida

Lug 16, 2023

Sebastiano Cultrera – Ho riletto spesso questa definizione di Vittorio Parascandola, e l’ho trovata, sempre più moderna, ad ogni anno che passava. Una serie di “diatribe” (scatenatesi soprattutto a cavallo della Capitale della Cultura) ritengo debbano essere esaminate alla luce di queste ILLUMINANTI PAROLE, del personaggio (e scrittore) che più di tutti ci ha mostrato cosa vuol dire l’IDENTITA’ PROCIDANA.

«U frastiéro» almeno nella «voce» del banditore (vd. il grossista che veniva a smerciare i suoi prodotti alla Marina grande). Oggi, invece, specie al plurale è sinonimo di turista. Ed è interessante rilevare come il vocabolo si sia sempre più sostituito al vecchio «véliggiànte» (villeggiante) di pari passo con l’affermarsi del movimento turistico.

Una pura casualità? Assolutamente non mi pare: sono anzi convinto che alla base, c’è un valido motivo di fondo.

Di noi di Procida si è sempre detto che siamo ECCESSIVAMENTE APERTI verso chi viene da fuori e che siamo portati. addirittura, a favorire l’estraneo a danno dello stesso compaesano: <Fèsta e maletiémpo e frastiéro a la casa» (festa, cattivo tempo e forestiero come ospite) afferma del resto una antica locuzione a rappresentare le condizioni ideali per starsene in casa ed ammannire un gustoso pranzetto in onore dell’ospite.

 Al tempo stesso, per contro, si dice che siamo contrari al turismo e guardiamo di mal’occhio i forestieri.

 La contraddizione, fin troppo evidente, trova la sua più chiara spiegazione proprio nel significato che si è voluto dare ai due vocaboli: «frastiéro e véliggiànte»

Doverosamente ospitali, come si conviene a persone di buona civiltà, con chi si trovi a vivere tra noi lontano dal suo ambiente, non abbiamo avuto mai eccessiva simpatia per coloro che in forza di qualche proprietà ereditata   venivano a Procida a «villeggiare», come si fossero recati in un feudo. A noi, orgogliosi di una nostra sana tradizione di serietà e lavoro, quegli estranei, i «véliggiànti»: gente che nulla dava e pretendeva molto; che la nostra cortesia scambiava per doveroso ossequio; che girava in pigiama per le strade, con l’aria di chi sta in casa sua, ci davano immensamente fastidio.  Ecco perché, oggi, in un nuovo rapporto di reciproca utilità e stima, guardiamo ben diversamente ai turisti autentici e preferiamo chiamarli “frastiéri” come a volerci dimenticare dei “villeggianti”.

Una riflessione compiuta ad un tema tanto netto e tanto pregnante è difficile, senza perderci nei meandri dei concetti di turismo (e della sua evoluzione storica negli ultimi decenni). Oppure senza indugiare in categorie antropologiche e sociologiche.

Potrei soltanto chiosare che, negli anni le due CATEGORIE di Pallacchio (secondo cognome che veniva ancora usato confidenzialmente dai pazienti e dai procidani), cioè quelle dei FORESTIERI e dei VILLEGGIANTI, si sono entrambe espanse con l’aumento dei visitatori sull’isola. I FORESTIERI sono per lo più i VISITATORI dell’isola, delle sue bellezze, del suo valore culturale intrinseco e dei beni culturali che sta, sempre di più, evidenziando. Sono quelli che hanno invertito la tendenza a considerare l’isola SOLO un luogo balneare, e sono quelli ATTENTI a non turbare l’ordine (e magari anche il caos) isolano. I FORESTIERI amano ogni angolo dell’isola non solo le (pur splendide) spiagge attrezzate della Chiaiolella (che non ha più la esclusiva del turismo isolano come è accaduto fino a pochi anni fa.)

I VILLEGGIANTI non sono solo procidani di vecchia generazione, ma nella categoria, oramai, rientra buona parte del turismo di prossimità abituato a fitti lunghi (o a una casetta di proprietà, magari di origine più o meno abusiva) e, soprattutto, a prezzi bassi. Sono quelli che hanno scelto Procida perché la ritengono “comoda e tranquilla” (e più ECONOMICA) e qualcuno di essi, ancora oggi, fa paragoni impropri con le altre isole. Sono quelli che magari, da molti anni prendono sempre lo stesso appartamento vicino al mare e che per anni (mi risulta direttamente) non misero piede (almeno fino agli ultimi anni) a Terra Murata, al Casale Vascello o ad altre bellezze dell’isola. Molti di questi, amici o amici di amici mi hanno chiesto stupiti “Ma cos’ha Procida per essere Capitale della Cultura?” Naturalmente non vanno in giro più col pigiama, ma pretendono, ancora oggi, di portare i bagagli a Procida CON LA MACCHINA, in maniera più o meno legittima. Protestano se la pizza (di norma non vanno oltre quella) è aumentata e se il cornetto (servito a tavola) costa più di un quinto di quanto costa a Capri.

Tra i FORESTIERI una larga fetta sono, oramai, stranieri e vengono a Procida con l’obiettivo preciso di fare una esperienza unica e se ne vanno, in larghissima parte felici di averla fatta alimentando un passaparola notevole.  Studiano, già dal loro luogo di partenza tutto: bellezze, gastronomia, escursioni e, soprattutto, una immersione nell’AUTENTICITA’. Non protestano sui prezzi (anche perché sanno scegliere con attenzione il target preferito) e, soprattutto, non hanno bisogno di macchine: A LORO BASTA IL TROLLEY!

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