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Raccontare il presente, capire il futuro

Il turismo: un difficile rapporto

DiRedazione Procida

Lug 18, 2023

Gino Finelli – Alimentare una polemica su quanto sta accadendo sull’Isola in questi ultimi anni, non è certo positivo dal punto di vista culturale, ma aprire un confronto sulle tematiche legate al turismo è non solo opportuno ma doveroso.

Sono oramai 68 anni da quando per la prima volta sbarcai su quest’isola. Avevo uno zio pneumologo che aveva sposato la figlia di un noto chirurgo procidano dell’epoca: Fabrizio. Nel lontano 1954 dunque per la prima volta misi piede con la mia famiglia dalla metà di giugno a tutto settembre. In quel periodo, si faceva la “Villeggiatura”, molti italiani lasciavano le famiglie al mare o in montagna per oltre due mesi, continuando a lavorare in città e facendo il pendolarismo. Nonostante le ferie fossero così tante, l’Italia cresceva divenendo, in quel tempo, una grande potenza economica e mostrando al mondo l’elevato livello qualitativo e di conoscenza. La scuola era una cosa seria e gli esami non erano condizionati ne dalla società, ne dai genitori di oggi, invadenti e poco capaci di impartire un educazione soprattutto civica. L’esame di maturità rappresentava lo scoglio importante da superare per poter accedere al mondo adulto e a quello lavorativo o universitario.

In quell’epoca Procida era frequentata da moltissimi artisti, intellettuali, uomini di cultura e da una borghesia illuminata. Era l’epoca dell’evoluzione dei costumi e dello sviluppo crescente dell’economia. Non ricordo mai che questi frequentatori abituali abbiano chiesto all’isola ed ai suoi abitanti qualcosa in più della loro offerta, anzi si sono sempre adattati al tessuto sociale integrandosi e soprattutto accentandolo in tutte le sue espressioni compresa quella, qualche volta, di intolleranza. Non c’era l’acqua che veniva portata con le autobotti nelle cisterne, non c’erano grandi alberghi, case vacanze, resort, ecc., non c’erano molti ristoranti, eppure esisteva un turismo qualificato che impreziosiva l’isola rispettandone la sua identità, le sue tradizioni, la sua natura. In ogni casa era presente un libretto di navigazione e la via del mare, oltre a dare ricchezza, contribuiva a mantenere identità e dignità del territorio. Era questa la Procida dei cosiddetti Villeggianti o Forestieri, era questa l’isola che li accoglieva, senza modificare mai il proprio modo di vivere il territorio e senza essere servizievoli o accomodanti. E proprio queste caratteristiche spesso facevano pensare alla scarsa tolleranza della popolazione rispetto al fenomeno turistico. Ed in parte era anche vero, il navigante che sbarcava dopo un lungo periodo trascorso sul mare aveva desiderio di godersi appieno quel piccolo scoglio e di viverlo in totale libertà.

Non era economica neanche allora, non l’ho è mai stata, anzi il costo di un soggiorno, specialmente se si fosse voluto fittare una abitazione, sarebbe risultato molto superiore rispetto ad altri luoghi turistici e paradossalmente questa era una delle ragioni di quel turismo qualificato e qualificante dell’epoca.

E allora cosa è cambiato? Come diceva il Sindaco Cennamo, Procida è un ‘isola di comandanti non di camerieri, alludendo alla vicina Ischia e lo diceva per far comprendere che il mare, in primis, era e sarebbe dovuta rimanere la prima vera grande risorsa di questo popolo, una risorsa che ha portato oltre che soldi, conoscenza e rapporti con il mondo.  Ora che si è entrati nel turismo di massa; ora che al libretto di navigazione presente nelle case si è sostituito il B/B o la casa vacanza; ora che si sono occupati tutti gli spazi pubblici anche quelli storici e intoccabili, per realizzare ogni tipo di ristorazione; ora che si è trasformata la capacità recettiva a dismisura senza un programma e senza controllo; ora che si è veicolata una informazione falsa sotto l’aspetto culturale di un territorio che avrebbe dovuto essere ricercato e visitato solo per la sua storia e le sue bellezze naturali e non già per spiagge o per attrazioni ludiche,; ora che si è falsificata l’immagine del territorio e confusa la cultura con quella di turismo mordi e fuggi, una riflessione attenta e accorata va fatta e soprattutto va analizzato il fenomeno e posto un freno, immaginando un percorso che possa essere sostenibile e duraturo per il territorio.

Dunque, i fastidiosi villeggianti sono quelli di oggi, sono quelli che non protestano perché non portano alcun valor aggiunto e non già perché sanno scegliere, sono quelli che invadano le stradine senza sapere neanche cosa vedono e senza avere alcuna conoscenza della nostra storia. Sono quelli che si chiedono perché è divenuta capitale della cultura, perché non sanno che significa quella nomina, ma soprattutto perché devono ancora imparare a capire cosa è la cultura e quale è il volano che attraverso essa può far crescere e sviluppare, oltre che ad unire, un territorio. Non si può e si deve fare alcun confronto con nessuna altra Isola, poiché non può esistere un paragone che regga sul piano dell’accoglienza e delle capacità turistiche ed imprenditoriale di chi del turismo, da sempre, ne ha fatta una ragione di vita e di sviluppo perché carente di infinite altre risorse. Quest’Isola ha una identità, una storia ed un percorso di crescita e sviluppo non paragonabile e, dunque se turismo deve esserci, deve essere in linea con la sua identità.

E non sono certo i frequentatori o gli abitudinari dell’isola che hanno comprato una casetta, magari abusiva, ad aver depredato il territorio occupandolo quasi del tutto con una cementificazione fuori misura e quasi sempre non in regola. Se si fosse davvero stati orgogliosi della propria identità, delle tradizioni e della storia si sarebbero dovute preservare tutte le bellezze naturali e si sarebbe dovuto rispettare il territorio. In quegli anni in cui da adolescente trascorrevo con i miei amici procidani le mie ferie da giugno a settembre la magia e gli odori restano ancora impressi nella mia memoria, così come il ricordo di un rispetto ed integrazione di chi sceglieva Procida come meta della Villeggiatura, perché chi lo faceva ne conosceva tutto compresa le qualità e le caratteristiche delle sue genti.

E lo stesso si può dire del visitatore o del turista di oggi?

Vittorio Parascandola, che ho da sempre ammirato per le sue capacità e la sua cultura e a cui sono stato legato da un profondo affetto e stima, era proprio l’intellettuale isolano che voleva mantenere, anche se con i dovuti e necessari cambiamenti dei tempi, quelle caratteristiche uniche che rappresentava in tutte le sue opere.

Vittorio ci ricorda nel suo romanzo: “L’Isola dentro”, che Procida ha bisogno dell’impegno ecologico, civile e morale di tutti poiché:

“La morte dell’isola è la morte di una dimensione dello spirito, è la scomparsa di un orizzonte ristretto ma eccezionale, che unisce gli uomini molto più della lontana e fredda civiltà metropolitana”.

 

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