Tommy Strudel* – Ad un anno dalla fine(?) dell’emergenza Covid tutti eravamo convinti che bisognasse chiudere il buco nero dell’assistenza sanitaria domiciliare, che aveva drammaticamente mostrato le proprie carenze e i propri limiti.
Non sappiamo se altrove le cose siano evolute positivamente in questo senso, ma a Procida sicuramente no.Saremo pure Capitale della Cultura, ma certamente non possiamo neanche lontanamente essere testimonial della Sanità.
A non voler parlare dell’ospedale, ci riferiamo per esempio alla cosiddetta Adi (assistenza domiciliare integrata), che sarebbe da quel complesso di figure specialistiche, mediche, infermieristiche e riabilitative che possono intervenire, su richiesta del medico di base, per assistere a domicilio il paziente allorquando, per motivi clinici, lo stesso non è in grado di afferire ai vari ambulatori (se e allorquando esistano).
Ebbene a Procida, se vogliamo parlare di Adi applicata ai pazienti oncologici (in aumento), questa non è compiutamente possibile. Mancano figure essenziali come l’oncologo, il chirurgo, il nutrizionista che possano recarsi presso il domicilio, ma che sono presenti in altri distretti sanitari della terraferma.
A che serve (verrebbe da dire ai dirigenti Asl Na2 nord) pubblicizzare roboanti screening dl tumore della mammella, del colon retto, dell’utero quando poi un malato oncologico, costretto a letto, non può godere di assistenza quando la malattia si fa più acuta, invalidante e dolorosa, visto che non è da tutti mettere le mani al portafoglio e consentirsi di farsi assistere da uno specialista privato?
E’ di qualche giorno fa il caso di un paziente oncologico allettato, in grave deperimento organico e con disturbo dell’alimentazione, a cui era stata richiesta una visita del nutrizionista Adi: l’esterrefatta coniuge si è vista proporre da quel medico non la doverosa visita domiciliare, con consulto delle analisi e visita connessa, ma un consulto telefonico, peraltro con fare sbrigativo e approssimativo, oltre che sgarbato. E successivamente proporre da una imbarazzata dirigente, udite udite, il trasferimento in ambulanza fuori Procida ( non si è capito dove) per effettuare questa consulenza. A tutt’oggi quel malato sta ancora aspettando.
Ora se il distretto 36 di Ischia da cui dipende Procida si dimostra palesemente inadeguato per questo ( e altri) tipi di assistenza per mancanza di figure dedicate, perchè non viene richiesta supplenza ad altri distretti della asl na 2 nord? O si lavora a compartimenti stagni?
Infine. Perché i medici di base di Procida, quelli che quotidianamente sono al capezzale del malato, non vengono periodicamente compulsati da chi è responsabile, a qualunque titolo, della sanità procidana, anziché voltarsi dall’altra parte o sommergerli da un profluvio di carte, di mail, di timbri, frutto una burocrazia asfittica e soffocante che non concorre minimamente al miglioramento della situazione, ma solo a fare da scarica barile e costruire carriere nel loro piccolo o nel loro grande?
ADI a Procida: sotto il vestito, niente.
*Medico di base