Giovanni Romeo – Ci sono svariati, importanti richiami ad Ischia nel primo Ottocento – sia al suo fascino, sia agli atteggiamenti degli abitanti verso gli stranieri – in un bel libro pubblicato da poco dal Centro di Cultura e Storia amalfitana. Mi riferisco a Lettere dal Meridione di Sil’vestr Ščedrin. Un pittore russo innamorato della luce del Sud (curato, per l’edizione russa, da Michail Ju. Evsev’ev e per quella italiana da Mikhail G. Talalay). Si tratta di un testo ricco e vivace, in particolare per chi è interessato alla storia di Napoli e delle località costiere più celebri della Campania nel terzo decennio dell’Ottocento, in una fase storica straordinariamente movimentata per l’Italia e per l’Europa.
Fu proprio in quei frangenti che maturò, inizialmente a Roma, ma in seguito soprattutto a Napoli e in alcune delle più famose località campane, l’esperienza italiana del giovane pittore. Premiato insieme ad altri studenti dell’Accademia di Belle Arti di San Pietroburgo con una borsa di studio finalizzata ad arricchire un talento già preannunciato dalle prime opere realizzate in Russia, egli raggiunse per la prima volta la penisola nell’estate del 1818.
Le 80 lettere pubblicate nel volume, spesso suggestive, sempre sincere e acute, sono soltanto una piccola parte di un ricco epistolario che accompagnò il lungo soggiorno italiano di Ščedrin, destinato a trasformarsi nell’ultima, lunga parte della sua breve vita. Esse abbracciano sia il primo soggiorno napoletano dell’artista, cominciato nell’autunno del 1818 e interrotto nel febbraio del 1821 per i moti che divamparono in quei mesi a Napoli e in tanta parte dell’attuale Italia, sia il secondo, che dal giugno del 1825, dopo un intermezzo romano, si prolungò sino all’ottobre del 1830. Lo interruppe per sempre, dopo una breve malattia, la morte, che lo raggiunse a 39 anni, a Sorrento, dove è sepolto.
Pur particolarmente ricche e importanti per chi si interessa dei pittori e della pittura nella Napoli di questi anni, le lettere del giovane artista offrono anche un quadro vivo e originale della città e delle più celebri località della Campania, che presenta molti punti di contatto con i risultati delle ricerche di storici e folcloristi. Questi rilievi valgono anche per Ischia in quegli anni.
Penso soprattutto alla lunga lettera che Ščedrin inviò il 30 settembre 1819 a Samuel Gal’berg, un artista russo suo amico che viveva e operava a Roma. In essa raccontò con vivacità e arguzia due giornate di vacanza spensierate, vissute nell’eremo di S. Nicola, ormai adattato ad albergo, passate sia a vagabondare sugli asini attorno all’Epomeo, sia a scherzare con turisti inglesi e con parecchi isolani, gente che lo aveva conquistato perché ‘molto brava’ e allegra…
Ischia però fu presto per lui oggetto di attenzione anche per le sue bellezze, se è vero che già pochi mesi dopo era in grado di esprimere il proprio disappunto nei confronti di un pittore celebre come l’olandese Pitloo, che aveva adornato l’isola verde ‘di palme e di varie diavolerie’… Sfortunatamente, però, nelle lettere pubblicate nel volume, gli altri riferimenti ad Ischia, dove con tutta evidenza l’artista tornò spesso, anche per le cure termali consigliate per la sua malattia, peraltro non risolutive, non sono ricchi come quelli ricordati. Tuttavia il bel quadro riprodotto nel volume – un pergolato sul mare a Casamicciola, da cui si osserva Ischia, dipinto nel 1829 – è la riprova che all’isola verde, come a Capri, Ščedrin restò fortemente legato.