“Il mio cuore è un mandarino acerbo” è il secondo libro del giovane scrittore partenopeo. Per chi capire di chi si tratta ci ha colpito una recenzione del primo libro:
<<….è pornografico, il primo Arena. È scandaloso. È imperfetto. È persino sgrammaticato, omaggio voluto ad una napoletanità che è viscera, che è sangue e merda, che è totalizzante essenza di se. È sesso squallido e sudato. È sogno a occhi aperti. È incubo realissimo. È tutto questo, il primo Arena. Alla fine del romanzo, non sai bene cosa hai letto, non sei certo di aver capito perfettamente la trama….. ( Domenico Naso, il fatto quotidiano del 02.02.2011)>>
<<Una leggenda vuole che i mandarini non maturino mai a Procida. Si racconta che questi frutti, dal sapore meraviglioso e “dall’odore che non parla”, siano stati portati sull’isola dai pirati così si era diffusa la credenza che le donne, mangiandoli, avrebbero partorito figli violenti. I mandarini hanno smesso di maturare e da allora i padri di famiglia, dopo aver dato la figlia in sposa, li seppelliscono accuratamente.
Transessuali, nani, Madonne Addolorate, una Sposa incompiuta, personaggi borderline in un intreccio psichedelico con finale a sorpresa per “Il mio cuore è un mandarino acerbo” ci racconta attraverso la stesura di un copione cinematografico – con tanto di indicazione di scene e inquadrature- una storia piena di atmosfere anni ’80, fatta della musica di Nino D’Angelo e della disco dance di Amanda Lear, quando Procida è ancora lontana dal circuito turistico ed è quasi congelata in un’atmosfera di umanità “primitiva” che guarda con diffidenza all’altro, soprattutto quando l’altro in questo caso è un transessuale che si chiama Veronique e che viene dal mare, in compagnia dei tre nani Massimo, Ninì e Felice e di un fantomatico serpente grazie al quale riesce a leggere il futuro. Veronique è alla ricerca di suo fratello Leonardo, ergastolano nell’antica prigione aragonese, verso cui prova un sentimento d’amore a tratti incestuoso, ma allo stesso tempoquello che cerca è una sua identità, percorrendo un viaggio che la porta da Marsiglia a Procida. Anche la scelta di ambientare il romanzo nel cuore delle celebrazioni per la Settimana Santa è strettamente funzionale al processo di “trasfigurazione” che vive Veronique che è sospesa tra il fantastico ed il reale, intrisa di una religiosità irriverente ma profondamente autentica che l’autore pone a confronto con la falsità delle donne dell’isola, assorte nel perpetuare quei riti pasquali spesso teatralmente eccessivi, intrisi di paganesimo, espressione della superstizione più che di una religiosità osservatrice della purezza del dogma. E, infatti, proprio la sera del Venerdì Santo si consumeranno e si mischieranno due “Passioni”: quella di Cristo, che libera il mondo dalla schiavitù del peccato e dalla morte, e quella di Veronique, che libera Leonardo dalla sua condizione in nome di un amore dal sapore antico la cui forza è all’interno di quel sacrificio che lo alimenta e lo mantiene in vita.«L’Amour[…]perché tutti quanti vogliamo stare bene, e far finta di stare bene alla lunga ce ne dà almeno un’idea».
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