Nicola Riccio | Il dato è allarmante: ultimamente – e in misura crescente- si registrano casi in cui un marittimo rifiuta l’imbarco su una nave che deve attraversare aree a “rischio pirati”. In particolar modo sono sempre più frequenti i rifiuti per gli imbarchi sulla rotta Asia-Europa, per intenderci, quella che è infestata dai pirati somali. A nessun lavoratore del mare fa piacere una sosta non programmata in Somalia.
Per le società di spedizione e per tanti armatori tutto questo è visto come una grave minaccia per il commercio mondiale. In effetti, un fondo di verità c’è in tutto questo. Se infatti tutte le navi che devono attraversare il Canale di Suez rimanessero senza equipaggi o con equipaggi dimezzati perché in tanti si sono rifiutati di salire a bordo, questo farebbe molti più danni al commercio mondiale di quanto non possa aver fatto finora la pirateria somala.
I sindacati dei marittimi di Hong Kong, Cina, Filippine, Singapore, Indonesia, Vietnam e persino la Russia si sono trovati d’accordo sul fatto che i lavoratori del mare hanno il diritto di rifiutare l’imbarco a bordo delle navi che devono attraversare zone ad alto rischio di pirateria marittima. Alla conclusione si è giunti nel corso del recente vertice asiatico della gente di mare che si è tenuto a Hong Kong. E’ stato stimato che sono circa 100mila i marittimi che ogni anno si imbarcano sulle navi che percorrono la rotta tra Asia ed Europa. Per cui, se il rifiuto si allargasse fino a raccogliere centinaia e anche migliaia di questi marittimi, gli armatori si troverebbe davvero di fronte ad un grave e pericoloso problema.
Per ora la minaccia in atto per la gente di mare, anche se forte, ancora non spinge tanti a rifiutare l’imbarco, ma in considerazione del fatto che negli ultimi 5 anni, un migliaio di marittimi sono caduti in mano ai pirati, e che in particolare quelli somali ne trattengono in ostaggio almeno 600 di diversa nazionalità, siamo portati a pensare che prima o poi questa ipotesi diventerà realtà. A nessuno piace l’idea di poter trascorrere mesi e mesi di prigionia nelle mani di persone che ti trattano come un animale in gabbia, e ancor di più, sapere che il proprio destino è nelle mani del proprio governo o di un cinico armatore.