GdM | Un’economia immobile, anzi in recessione. Ferma anche nei giorni dei saldi, quando è d’obbligo il risparmio e non si rinuncia a qualche acquisto. Una tendenza che, secondo le nostre stime nemmeno l’estate alle porte sarà in grado di ribaltare.
L’anno appena trascorso del commercio procidano consegna un pesante segno meno all’economia dell’isola. Ristorazione (meno 40 per cento) seguite da abbigliamento (meno 25 per cento), elettrodomestici (meno 24 per cento), perfino i giocattoli (meno 16). L’ennesima battuta d’arresto che mette a rischio un terzo delle imprese commerciali isolane, condannate a non arrivare alla fine dell’anno. Con effetti devastanti sull’occupazione. La crisi dei consumi, sotto l’effetto della crisi economica europea, morde in tutta Italia. Ma a Procida rischia di travolgere decine di imprese che già da anni resistono con l’acqua alla gola. Il tessuto commerciale è allo sbando. Basta pensare che 4 attività su dieci sono in vendita.
Per anni abbiamo pensato e creduto che bastasse avere qualche ristorante in più e qualche bar in più per definirci isola turisitca. Per anni abbiamo creduto che bastasse un nuovo negozio di abbigliamento per segnare la novità sperando che la popolazione isolana desse fiducia. Per anni abbiamo assistito passivamente alla deriva delle domeniche fuori città dei centri commericali dove gli isolani si recano per spendere meglio i loro soldi. Per anni non abbiamo saputo disegnare quel piano di sviluppo complessivo che avrebbe permesso a quie pochi di resistere e non di dover fare i conti ogni mese con la propria banca, o con il proprietario del locale. Per anni abbiamo lasciato che le cose ci scivolassero di mano senza renderci conto che il mondo del commercio cambia in ogni istante. Da borgo, a centri commerciali naturali, passando per raggruppamenti temporanei di impresa. Tutti è rimasto lettera morta. Ferma in qualche cassetto o nei meandri di qualche mente offuscata.
Oggi ci viene chiesto il conto. Un conto salato. O sopravvivi o muori.