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TREDICI. Raccolta di fiabe della tradizione popolare procidana

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Dic 29, 2011

Luca Palumbo | “TREDICI. Raccolta di fiabe della tradizione popolare procidana” è l’ultimo libro di Maria Francesca Borgogna edito da Fioranna. Uno scrigno prezioso, ornato dalle illustrazioni del maestro Nico Granito, che racchiude al suo interno l’intero mondo fiabesco della  tradizione  popolare procidana: nenie, filastrocche, storie  e personaggi che, grazie alla memoria degli antichi oratori, si sono tramandate  di epoca in epoca  e sono giunti fino a noi. I racconti di Giacchinieddo, dell’ Uccello Parlatore, di Re Tamburo,  di  Mamm’Orca  e Petrusinella hanno incantato intere generazioni di bambini procidani. Ora  questi personaggi e le loro avventure tornano in  vita e risplendono di nuova luce grazie al sapiente ed attento lavoro di ricerca  e traduzione svolto dell’autrice. Un patrimonio culturale che altrimenti sarebbe andato perduto. L’opera di Francesca Borgogna è particolarmente meritoria per un effetto indiscutibile: le moderne generazioni di bambini potranno leggere in italiano, conoscere e comprendere il patrimonio fiabesco tradizionale conservato gelosamente dai loro avi per secoli. Un lavoro di recupero che ricorda quello di Italo Calvino che riscrisse e riunì le fiabe italiane, segnando un’importante tappa dell’attività di raccolta erielaborazione dell’ patrimonio narrativo della nostra cultura popolare. Francesca Borgogna ha trovato lo spunto per scrivere questo libro in  una raccolta curata dalle professoresse Concetta Borgogna (sorella dell’autrice, n.d.r.) e Lorena di Luccio intitolata “Dialetto a Procida: un’esperienza didattica” e pubblicata nel 1996. Una piccolo libro nato da un meticoloso lavoro di ricerca sul dialetto procidano durato oltre un anno che le due docenti della scuola Media “Capraro” svolsero insieme ai loro studenti . In quel volume le fiabe procidane furono pubblicate in dialetto procidano arcaico esattamente come le avevano  raccontate i narratori. Francesca ha ripreso gli stessi testi e li ha  tradotti in italiano, cercando, da un lato, di rimanere fedele alle storie originali  e, dall’altro, di renderle fruibili riproponendole attraverso un linguaggio moderno che però fosse quanto più possibile assonante all’ originale. Le storie infatti conservano l’originale musicalità dell’antico dialetto.

Molti dei  narratori  ai quali si deve la conoscenza di queste storie ormai non ci sono più. Non c’è più nessuno che può raccontare queste fiabe  che si sono tramandate di generazione in generazione. Queste storie, per quelli che sarebbero venuti dopo di noi, rischiavano di diventare qualcosa di inesistente; e con esse sarebbe andata perduta anche la memoria di  chi le raccontava ”  ci spiega Francesca Borgogna “ Ho pensato quindi riprendere queste fiabe e di tradurle in italiano per farle conoscere alle nuove generazioni. Perché sono storie che fanno parte del passato dell’isola. So che con la traduzione in italiano non ho potuto rendere molte sfumature di queste storie. Ma la lingua di queste fiabe è un dialetto arcaico, non codificabile, che quasi nessuno piùconosce. Ho pensato quindi di salvare almeno i contenuti di queste storie narrate in una lingua che ormai va scomparendo”. E una su tutte  ha un posto speciale nel cuore dell’autrice.  “TREDICI per me è stata una scoperta. Nello scriverla mi sono venute in mente le tante storie che da piccola mi raccontava mio padre. In particolare mi raccontava sempre una storia, che aveva inventato lui, e  che aveva come protagonista Caterina, una brigante femmina. Ogni volta che me la raccontava  aggiungeva un particolare rendendo questastoria ogni volta diversa. Per  puro caso mi sono accorta che “Tredici” era proprio la tredicesima storia che scrivevo. E da lì è nato il titolo del libro”.

E una dedica nel congedarci: “Dedico questo libro a tutti quelli che ci seppero narrare della vita e del mondo, a quei narratori, mia fonte di ispirazione, la cui voce è ormai dimenticata nel silenzio del tempo e i cui racconti ora mi sono ancora più cari.” In fondo il passato sarebbe tutto nero se nessuno lo ricordasse più.

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