Redazione | Le liberalizzazioni dei servizi pubblici locali scritte nella manovra-bis del Ferragosto 2011 sono la copia, ancor più decisa rispetto all’originale, di quelle abrogate per referendum solo due mesi prima, quindi sono illegittime. Sulla base di questo ragionamento, tanto attendibile nei contenuti quanto deflagrante negli effetti, la Corte costituzionale ha assestato ieri (sentenza 199/2012: presidente Quaranta, relatore Tesauro) la bordata più dura all’ultima manovra anti-spread dell’estate scorsa.
Cancellata tutta l’architettura legislativa che si era accumulata con gli ultimi provvedimenti, la bussola torna per ora a essere la normativa europea (richiamata dagli stessi giudici costituzionali), che permette l’affidamento in house a tre condizioni: la società affidataria deve avere capitale interamente pubblico e svolgere la quota prevalente della propria attività con l’ente affidante, che a sua volta deve esercitare su questa un controllo «analogo» a quello assicurato sui propri uffici. Naturalmente nulla vieta nuove leggi, anche perché la stessa Corte costituzionale in passato ha chiarito che «il legislatore conserva il potere di intervenire nella materia oggetto del referendum», a patto che l’intento non sia di «far rivivere la normativa abrogata»
Ora dunque, anche talune vicende come quelle relative ai servizi marittimi, le ipotesi ad esempio di cessioni, liberalizzazioni o privatizzazioni andrebbero certamente ripensate e riconsiderate; anche in riferimento alla funzione strategica per le isole rappresentata dalla Caremar, la quale è nata con una precisa missione (si pensi alla 169/75) ed ha garantito (assieme certo, al contributo dell’armamento libero) il grande sviluppo delle isole del Golfo.