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TGPROCIDA

Raccontare il presente, capire il futuro

Mare nostrum o mare monstrum…

Ditgprocida

Ott 11, 2012

Franco Ambrosino | Con voce soffocata e appena percettibile il papà sussurra all’orecchio della figlia”…va’ e compra un gratta e vinci…e con i soldi poi comprati una casa”.
Due vicende avvenute nei giorni scorsi, apparentemente lontane, riguardano entrambe i marittimi procidani. Da un lato l’inchiesta della magistratura su presunte truffe di marittimi e medici dell’isola, a danno del Sistema Sanitario Nazionale, e dell’Inail, l’altra la sentenza della Corte di Cassazione su una vicenda di risarcimento ai familiari di un marittimo ( un portuale ) morto per malattia professionale derivante dall’esposizione all’amianto. La prima, della quale si può leggere in altra parte di questo blog, e’ una vicenda che vede coinvolti isolani che avrebbero abusato dell’ eroga zione di prestazioni previdenziali della Cassa marittima attraverso presunti illeciti e reati di vario tipo. Fermo restando l’accertamento completo e circoscritto delle responsabilità , anche attraverso il tenore dei commenti apparsi a margine della notizia, alla dimensione quantitativa e qualitativa dell’inchiesta, alla vicenda in se’, il tutto farebbe pensare al riproporsi di una sorta di illegalità diffusa in campo professionale attraverso un comportamento ,quasi, generalizzato. E’ bene ricordare che l’istituto della cassa marittima, finanziato con i contributi di tutti i marittimi, di tutto il personale aereo viaggiante, di tutte le compagnie di trasporto, e’ un tipico strumento previdenziale- assistenziale, al quale si può ricorrere nei periodi di non lavoro, quando si presentano patologie professionali derivanti da precedenti imbarchi e che garantisce una parte dello stipendio fino al completo ristabilimento della salute. In questa vicenda, purtroppo, viene chiamato in causa, il mestiere e non solo quello di marittimo, per il suo significato, laddove l’unica preoccupazione dovrebbe essere quella di assicurare la continuità del lavoro, unica fonte di reddito e di dignità . In un contesto reso ancor più difficile dalla crisi finanziaria e morale che attraversa il paese, il lavoro, senza aggettivi, superlativi o diminutivi, assume un carattere di preminente valore etico, economico , sociale,
individuale e familiare. La seconda vicenda, anch’essa giudiziaria, riguarda una sentenza della Corte di Cassazione ( n.17092 del 2012 ) che ha annullato una pronuncia del Tribunale di Venezia, in secondo grado, su varie questioni, in particolare sul punto della determinazione del quantum debeatur, della misura del risarcimento e dei parametri a cui attenersi per calcolarla. Parametri, che secondo la Suprema Corte, non possono essere meramente quantitativi, lo scorrere del tempo della malattia, ma anche qualitativi. Partendo dal presupposto per cui la misura del danno va personalizzato, bisogna tener conto anche ” delle condizioni personali e soggettive, al decorso della malattia, alla concreta penosita’ della stessa, alle ripercussioni sulla vita del danneggiato, alle cure praticate e alle relative prospettive ed in genere ad ogni ulteriore circostanza rilevante ai fini dell’ intensità della sofferenza provata”, elencazione che quindi non ha carattere esaustivo e che apre la strada, speriamo oltre il caso di specie, ad ulteriori sentenze di merito dello stesso tenore, fermo restando che forse servirebbe un intervento legislativo a fare maggiore chiarezza nel senso di garantire sempre il giusto e decoroso ristoro a chi ha passato una vita per mare, con tutte le implicazioni. Anche questa vicenda giudiziaria ci riguarda da vicino, visto il carattere, questo, purtroppo, diffuso di malattie professionali letali e invalidanti dello stesso tipo, che hanno colpito e colpiscono anche i marittimi procidani. La vita del marittimo e’quella prima di tutto di un lavoratore del mare, di chi nascendo in un contesto come questo, si trova come scelta primaria la navigazione, con tutte le sue difficoltà, le sue incognite . Ai tanti padri che affrontano il mare e alle tante mogli e madri che affrontano la terra, il “peso” di un attesa che molte , troppe volte, va oltre il compiersi dell’esperienza professionale. Queste due vicende collegate sembrano indicarci un unico percorso, quello di un mestiere fatto di gioie, di soddisfazioni, di benessere, di costruzione personale, familiare, collettiva, di fatica, di sofferenza in alcuni casi, sempre nel segno della dignità del lavoro. Ai tanti che ancora navigano, a quelli che studiano per farlo, non rimane altro che fare tesoro di quanto sta avvenendo e di battersi per giuste cause, la continuità, la salute e la sicurezza sul posto di lavoro ( non possiamo non ricordare anche la vicenda dei marittimi sequestrati un anno or sono, altro aspetto qualificante di una vita sicuramente non facile )la retribuzione e così via, magari unendosi ai sindacati seri che già lo fanno ( partecipando alle scelte, senza deleghe in bianco, il sindacato e’ fatto innanzitutto dagli stessi lavoratori)o comunque non da soli, prendendo esempio anche dai tanti marittimi procidani, alcuni dei quali, senza presunzione, sono stati protagonisti della navigazione sulle navi di tutto il mondo, alcuni dei quali scomparsi anzi tempo. Ma seppur orfani della loro diretta testimonianza ne serbiamo indelebile il mirabile esempio di vita professionale e privata. A quella figlia, a cui il padre si rivolge, tutta la nostra solidarietà ed ammirazione, per aver avuto un genitore cosi’, sicuri che avrebbe risposto ( e se anche non avesse avuto la forza, l’ha fatto in cuor suo) “…papa’, tu mi hai dato qualcosa che vale di piu’ di una casa”

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