Franco Ambrosino | Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere. Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggere. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere. Come quest’anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggere. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggere. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggere. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent’anni, illustrissimo.
Passeggere. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggere. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggere. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
– Venditore. Cotesto si sa.
Con questo incipit, tratto da “Discorso di un venditore di almanacchi e di un passeggere” ( da Le operette morali, 1832) Giacomo Leopardi introduce ad uno dei suoi pensieri cardine, che affronta anche nello Zibaldone ( 1817-1832, Il concetto del dialogo è contenuto in questo passo dello Zibaldone:
« […] nella vita che abbiamo sperimentata e che conosciamo con certezza, tutti abbiamo provato più male che bene; e se noi ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che per l’ignoranza del futuro, e per una illusione della speranza, senza la quale illusione o ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere nel modo che siamo vissuti. »,Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri, pp. 42-83, 229-30). Concetto apparentemente estraneo a quello della protagonista del libro, ma che in verità attraverso tutta l’esperienza di una vita, “ a Marunnedda”, come viene chiamata Maria De Cesare, appena nata, il 19 ottobre del 1923, perché “ è bella come la Madonna”, lo fa talmente proprio da diventare una caratteristica costante della propria storia personale. Forse inconsapevolmente, ma sicuramente con un raro tratto d’intelligenza che ha sempre avuto e che unito ad una profonda fede in Dio e all’amore per la vita, le consente di realizzare i suoi desideri. Come quello di imparare a leggere e scrivere, che raggiunge attraverso le “lezioni private” gratuite che le da una sua amica d’infanzia, Concetta, consentendole di imparare così bene ed in breve tempo, da sbalordire i genitori, che non potevamo permettersi di farla studiare e di farle crescere e maturare quella che rimarrà una sua passione “ ancora oggi, ogni volta che legge un libro, pensa commossa e riconoscente alla sua amica, senza la quale non avrebbe mai potuto scoprire e coltivare la sua grande passione per la lettura”. Come quello di sposare il grande amore della sua vita, Antonio Gadaleta. Lei a servizio presso una famiglia signorile di Napoli, tra alti e bassi iniziali, riesce a farsi apprezzare, per modi, per generosità, in tale misura, che anche quando i “padroni”( i signori Del Giudice ) scopriranno una sua lettera indirizzata ad una sorella, nella quale manifestava una volontà di ritornare definitivamente sull’isola, perché ormai più forte era la nostalgia, che li farà estremamente offesi,ma lei, “ con le buone maniere ed il viso pieno di collera, si scusò mortificata, spiegando che era stata spinta a scriverla dal senso di solitudine che provava per la lontananza della sua famiglia, ma soprattutto dalla voglia di coronare il sogno di sposare Antonio…i signori commossi, seppur a malincuore, di fronte a quelle parole, la lasciarono partire, rassegnandosi a dover trovare un’altra cameriera”. Come quello, soprattutto, di riuscire ad affrontare le difficoltà ( economiche, il lavoro , di salute, perderà una figlia per meningite ed un’altra si salverà miracolosamente ) con semplicità e tanto amore, sua vera fonte esistenziale, alla quale ha attinto costantemente, nella cura dei suoi sette figli e svariati nipoti e del suo amatissimo marito. Quando mi sono recato in visita da lei, ha proferito poche parole. Le due delle figlie, Angelina ed Annamaria, che ci facevano compagnia, non hanno smesso un attimo di parlare di lei, in maniera assolutamente naturale, senza prevaricazioni, con frasi, gesti e sguardi da far nascere fiori anche nel più duro dei terreni aridi e desolati. “ Non abbiamo mai litigato veramente” mi dicono, “ i vicini e quelli che la conoscono, ci chiedono in continuazione sue notizie e chi la conosce da più tempo ci racconta di non averla mai sentita sgridare, alzare la voce e soprattutto noi non l’abbiamo mai sentita lamentarsi”,aggiungono. Stento anch’io a crederci fin quando non è Maria stessa, che in una delle poche cose dette, oltre a “ che bell’ uaglion’ “ per mettermi a mio agio, me lo conferma con modi e fare da signora, che vincono la mia incredulità. Ancora cura con precisione il suo aspetto, mani, unghie, ciglia ed ogni suo pasto , anche se solitario, diventa un rito, nella preparazione e nella consumazione, finanche durante la colazione“prepara la tavola”, sottolineano le figlie, a dimostrazione probabilmente di un agire che non è fine a se stesso , ma manifestazione vera di questi suo amore per la vita. Che si è trasmesso ai figli, ai nipoti. “ …almanacchi, almanacchi nuovi” ripeteva il venditore al passeggere nel “Discorso” iniziale.
Quest’offerta, che un analogo venditore di “Barbanera “ fece per strada, attirarono anche l’attenzione di Maria, intorno agli anni ’50, che desiderosa di avere un calendario come quello in casa, ricco di detti, notizie varie e ricette, decise di acquistarlo ed attratta da alcuni numeri presenti sulla copertina , non potendo lasciare i figli piccoli, chiese a Sisina, una bambina che abitava di fronte, di andare a giocarli al Lotto, promettendole un regalo in caso di vincita. E così dopo l’estrazione , Sisina ebbe in regalo un paio di scarpe e Maria riuscì a comprarsi una cucina, un frigorifero un ferro da stiro, un lume, altri arredi ed una radio, che portò la musica e i grandi romanzi ( letti alla radio) riuscendo a sviluppare, forse, anche il talento artistico di alcuni dei figli, ( nella pittura soprattutto) e poi dei nipoti, ( nella musica e nella scrittura).
“Oggi Maria ha 89 anni( dall’ottantesimo suole riunirsi in ogni occasione con tutti i figli, nipoti, fratelli e sorelle, per festeggiare, sono oltre 60) vive ancora in via Vittorio Emanuele n.10, nella casetta regalatale da Maria Ferrantino, sua cara vicina. Ristrutturata è diventata un grazioso monolocale con soppalco, dove tutti i giorni, a tutte le ore, c’è un continuo via vai di figli, parenti, conoscenti che vanno a farle visita ( in maniera puramente spontanea e non programmata).