Vincenzo Scotto di Fasano | Nella splendida cornice dell’Agorà Morelli di Napoli, si è svolto nella mattinata di venerdì 16 il convegno “Amianto: Giustizia e Salute” organizzato dall’ onlus A.P.I.N. (Absestos Personal Injury Network – per la tutela delle vittime dell’amianto) patrocinato dal Comune di Napoli.
L’associazione (che esiste da 3 anni, ha sede in Italia, ma è attiva a livello internazionale ed ha “esordito” effettivamente a Procida con un convegno nel settembre del 2010) presieduta da Nicola Carabellese, avvocato procidano, ha affrontato nel meeting temi legati al problema dell’amianto sia dal punto di vista legale che medico, non solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti – come conferma la presenza dell’avvocato americano Mitchel Cohen – .
Una piaga, quella dell’amianto che provoca centinaia di vittime all’anno solo in Campania. Un problema anche politico, come dimostra il fatto che nella nostra regione sono state individuate 66 discariche abusive, come sottolinea il moderatore dell’incontro, il giornalista de “Il Denaro” Ettore Mautone: «È innanzitutto un problema di smaltimento; negli ultimi anni la politica di smaltimento dell’amianto è stata a dir poco fallimentare».
« È un argomento di vitale importanza, perché l’amianto è innanzitutto una malattia sociale» esordisce il dott. Alessandro Pico, segretario nazionale Federmar-Cisal e punta il dito contro i ritardi e le incapacità a gestire l’emergenza da parte dello Stato e dagli addetti ai lavori: «Solo nel 2003 è stata promulgata la legge che permetteva ai marittimi di andare in pensione per le conseguenze dell’esposizione all’amianto: l’INAIL non ha saputo gestire gli screening e gli allarmi e pensare che l’amianto è stato riconosciuto dannoso per la salute nel 1990». Lo screening cui fa riferimento Pico è quello effettuato dall’IPSEMA su 30000 lavoratori tra i 22 e i 60 anni legati alla S.A.S.N. (una sorta di “succursale” del Servizio Sanitario Nazionale, che si occupa tra gli altri di marittimi e personale aereo): «Il 33% è sotto osservazione dopo i primi esami medici: dopo ulteriori accertamenti sono stati riscontrati 402 casi: 12 “correlati” all’amianto, 27 “probabilmente correlati” all’amianto, 20 “possibilmente correlati”, 341 “non correlati”, ma comunque risultavano malati di cancro; come potete vedere abbonda l’incertezza su questioni di cui ne va la vita delle persone. Noi non cerchiamo risarcimenti post-mortem, perché è un maleficio, e non un beneficio, quando c’è di mezzo la morte; noi vogliamo lavorare e vogliamo essere riconosciuti i nostri diritti e vogliamo siano riconosciuti e affrontati i problemi derivanti dai pericoli cui ci ha esposti il nostro lavoro».
Prende quindi la parola Nicola Carabellese, presidente dell’ A.P.I.N., e spiega i motivi che l’hanno spinto a intraprendere la battaglia a favore delle vittime dell’amianto: «Parte innanzitutto da un’esigenza personale: ho perso mio padre, due zii e miei cari amici hanno perso i loro genitori a causa dell’amianto, è per questo che ho voluto approfondire l’argomento. La missione della nostra associazione si può riassumere in uno slogan che è diventato il nostro motto: “Trasformare il dolore in forza”per condurre le battaglie, le proprie e quelle degli altri». Visibilmente emozionato, il nostro concittadino approfondisce in modo chiaro e semplice quali sono i punti forti dell’associazione: «Innanzitutto individuare le responsabilità, scoprire chi, a causa del proprio profitto, ha voluto sacrificare la vita di molti lavoratori; e in secondo luogo incrementare le sinergie che già ci aiutano nella nostra lotta: medici, avvocati, società di bonifica solo per citarne alcuni». Subito dopo l’intervento di Nicola, giunge in sala il sindaco di Napoli Luigi De Magistris per un breve saluto: «Quando lavoravo come magistrato alla Procura di Crotone, dalle nostre indagini scoprimmo collusioni tra mafia, politica e colletti bianchi nell’insabbiare la presenza di amianto nella costruzione di edifici pubblici come le scuole. I crimini ambientali sono i peggiori, per questo a Napoli abbiamo provato a intervenire stanziando 15000 € al mese per potenziare il nucleo di polizia ambientale da 20 a 60 unità e sostenere lavori di bonifica. Inoltre abbiamo istituito un osservatorio oncologico che si occupa di queste malattie. Non bisogna mai dimenticare il fatto che in periodi di crisi le mafie sono le uniche ad avere liquidità, perciò dobbiamo lottare contro le privatizzazioni degli appalti pubblici; è una battaglia che ci deve unire tutti». E conclude: «Informazione e sensibilizzazione devono essere le regole principali».
Tuttavia restano molteplici le difficoltà nell’affrontare queste patologie, come evidenzia il dottor Gennaro Sanniola del Servizio Prevenzione E Sicurezza negli Ambienti del Lavoro (S.P.E S.A.L.): «Difficoltà che riguardano il rapporto con le Procure quando bisogna chiarire istanze come le condizioni dell’ambiente in cui il lavoratore esercitava, il momento dell’insorgenza del morbo, l’individuazione e le generalità del datore di lavoro. Ogni marittimo, tanto per fare un esempio, durante tutta la sua carriera, lavora su tante navi diverse e per noi diventa quasi impossibile determinare su quale di queste navi è stato esposto alle microfibre che hanno attaccato il suo organismo; e se pure ci riusciamo, questa nave molto probabilmente non esiste più oppure è stata “modificata”». Difficoltà che esistono anche per quanto riguarda la prevenzione da queste malattie: infatti, spiega il dottor Sanniola, nel periodo in cui era presente quasi dappertutto le malattie legate all’amianto quasi non esistevano o non erano riconosciute, per poi avere un picco di patologie cancerogene nei decenni successivi alla messa al bando dell’amianto. «Nel 1992 è stata promulgata la legge che ha vietato l’utilizzo dell’amianto in ogni settore; tuttavia nel nostro Paese c’è ancora molto amianto e bastano piccole esposizioni per contrarre i tumori: sulle navi c’è bisogno di mappature sempre aggiornate che avvertano i lavoratori del pericolo dell’esposizione all’amianto e di kit per le bonifiche. Secondo il Ministero della Salute sarebbero ancora 127 le navi che ancora contengono amianto in Italia, ma dopo studi e ricerche approfondite, possiamo affermare che in realtà sono il doppio». La dettagliata e precisa relazione del dottor Massimo Menegozzo, direttore del RE.NA.M. (Registro Nazionale Mesoteliomi), conferma che l’insorgere di questo tipo di tumori è legato all’esposizione all’amianto e che la maggior parte dei mezzi di trasporto – e quindi non solo navi, ma aerei, treni ecc. – contengono manufatti in amianto, e quindi i lavoratori in questi settori sono i più esposti al rischio; ma c’è un altro dato a dir poco allarmante: «Il picco di patologie absesto correlate lo avremo da qui al 2020. L’amianto non è un “rifiuto speciale” come gli altri: ha bisogno di uno smaltimento appropriato con controlli accurati» questo vuol dire costi enormi, perciò «attualmente in Italia non esistono siti dove poter svolgere questo processo: per inertizzare l’amianto bisogna andare all’estero».
Dopo un breve intervallo addolcito dalle prelibatezze offerte da Ramòn, Antonella e le ragazze del Bar “dal Cavaliere”, la seconda parte del convegno vede l’intervento dell’avvocato di Philadelphia Mitchell Cohen (magistralmente tradotto da un’altra giovane procidana, Angela Vocciante), il quale presenta la differenza di legislazione negli Stati Uniti in materia di malattie legate all’amianto: «In America» spiega Cohen, «la legge cambia da stato a stato e molto spesso avvocati inefficienti rendono le leggi inefficaci; noi suddividiamo i casi di malattia legata all’amianto in tre categorie: chi è direttamente esposto, chi lavora zone dove c’è amianto ma non è esposto direttamente e chi è esposto in maniera secondaria (come le famiglie)», un minuzioso resoconto delle ultime sentenze della Cassazione in materia di tutela civilistica del danneggiato in Italia da parte dell’avvocato Pierpaolo Petruzzelli del Foro di Bari: «La Cassazione ha stabilito che i lavoratori in pensione dal 1992 potevano accedere ai “benefici” conseguenti all’esposizione all’amianto. Dal 2011 non è più possibile accedere a queste risorse perché negli anni molti marittimi hanno ricevuto più contributi di quanti ne avessero versati. È importante ricordare che nelle navi Tirrenia c’è l’amianto ovunque e anche i lavoratori di coperta possono contrarre malattie legate all’amianto». Ciò che manca, aggiunge Petruzzelli, «è il riconoscimento delle patologie absesto correlate nelle donne». Nel 2011 anche in Italia è presente un “fondo per le malattie amianto” che riconosce un indennizzo a favore di chi ha contratto malattie legate all’amianto. Chiude gli interventi il Procuratore aggiunto presso la Procura di Torino Raffaele Guariniello, che riconosce lo stato avanzato della legiferazione in Italia per quanto riguarda questi problemi, ma «c’è carenza di controlli, bisogna incrementare i controlli anche in quelle aree in cui la vigilanza compete ad altri soggetti». Guariniello denuncia un problema di organizzazione e di compattezza da parte delle forze in campo: «Ci sono ancora zone in Italia in cui non si celebrano processi di questo tipo o se si celebrano è troppo tardi. Non c’è un intervento sistematico sul problema; propongo la creazione di una Procura Nazionale per la protezione dei lavoratori come l’Osservatorio per le malattie tumorali che è stato istituito a Torino che veicoli in particolar modo la prevenzione»
MA QUESTI SIGNORI L’HANNO VINTA UNA CAUSA A PROCIDA?
O SONO LI IN CERCA DI VISIBILITA’ E FANNO DEMAGOGIA?
ALTRIMENTI VALE LA PENA RIVOLGERSI AL CIRCOLO CAPITANI E MACCHINISTI CHE IN QUESTI ANNI NON HA FATTO MANCARE ILSUO APPOGGIO ALLE FAMIGLIE DEI MALATI E VEDOVE E FIGLI.