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Fondazione Albano Francescano: settanta anni di CDA abusivo

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Apr 13, 2013

Redazione | Tra le prime grane che il nuovo presidente della fondazione si troverà ad affrontare  quella che riteniamo sia la più spinosa, che potrebbe addirittura portare allo scioglimento dell’ Albano Francescano,  è quella relativa alla gestione di un  CDA “irregolare”, che la sig. ra Carannante dovrà presiedere. Una situazione che appare come il frutto di un orrore giuridico-morale che è perpretato da più di 70 anni ai danni della comunità procidana.  Un ente già pesantemente martoriato negli anni da scellerate gestioni  e scelte manageriali sbagliate e un CDA che nonostante tutto ha continuato ad operare indisturbato.  Almeno fino al 2011 quando il presidente pro-tempore Avv. Mariano Cascone  venuto a conoscenza della situazione, sollecitò in sede di convocazione del CDA  un cambio dello statuto per uniformarsi finalmente alla volontà testamentaria del Dott. Domenico Scotto La Chianca.

Facciamo un passo indietro per tentare  – carte alla mano    – di capire come sono andati i fatti.  I fratelli Biagio e Domenico Scotto La Chianca, gli ultimi proprietari privati, gestirono Vivara come azienda agricola fino agli anni Trenta. Alla loro morte, l’isola, nel 1940, divenne per lascito proprietà della Fondazione Albano Francescano. Da atto testamentario in un articolo e comma ben specificato, si richiama all’attenzione la disposizione di un cambiamento dell0 statuto dell’epoca in cui si prevedesse l’ingresso nel CDA di n° sei rappresentanti della comunità procidana di nomina del Podestà.

Atteso che il patrimonio immobiliare dell’ente è frutto per i tre quarti dei lasciti della famiglia Scotto La Chianca, riteniamo che disattendere alla volontà testamentaria sia stato ed è un atto gravissimo da un punto di vista giuridico ma soprattutto di ordine morale. Di più: non aver adempiuto a questa volontà ha più volte fatto si che gli eredi Scotto la Chianca ( fam. Diana ) potessero rivendicare tutto il patrimonio.

L’incidenza che avrebbe sul piano gestionale l’ingresso di sei rappresentanti del comune  all’interno del CDA di fatto porrebbe fine alla “maggioranza Clerico-Francescana” attuale. Ed è questa forse la grande paura del clero locale e dei Francescani che non meno di due anni fa  – come dicevamo –  su una proposta di  delibera  di adeguamento dello statuto votarono contro e chiesero addirittura le dimissioni del Presidente Cascone.

A dire il vero già  nel 2000 il consiglio comunale approvò un ordine del giorno con il quale all’unanimità chiedeva al Sindaco dell’epoca Avv. Luigi  Muro e ai  propri rappresentanti nel Cda e di farsi carico della quesitone  da un punto di vista giuridico. Non se ne fece nulla perché la miopia  di ex rappresentanti nel Cda smontarono l’assunto ponendolo da un punto di vista politico.  Il che portò ad avviare un contenzioso che ancora ad oggi è aperto.

Se questa è la materia giuridica, fatta di ricorsi al TAR, ai tavoli di concertazione, ad avvocati curiali e giuristi, la sfera morale incide  come un macigno su una situazione de facto assurda che rende  evidente una  condizione di inadempienza e che ha bisogno di un urgente soluzione.

 

 

 

 

 

6 commenti su “Fondazione Albano Francescano: settanta anni di CDA abusivo”
  1. wuauuuuuuuu che bella storia.
    ma soprattutto che bello SKIFO
    e questi sarebbero i preti??
    Ps: vi do una chicca: indagate sull’abbazia e su come sta ora

  2. Ed ancora ….. informatevi della vera storia del Circolo Capitani e Macchinisti e del suo patrimonio immobiliare ……..

  3. Non voglio entrare

    nel merito della delicata ” vexata questio ” delle volontà testamentarie dei Lachianca,anche perchè è materia giuridica ed in fase di completa definizione.

    Però vorrei prendere spunto da questo articolo per fare delle riflessioni ,a domande che mi sono sempre posto,senza pregiudizi,ma,alle quali,non ho mai trovato risposte convincenti.

    In questa vicenda della Fondazione ,come è ampiamente descritto nell’articolo,questa immensa ricchezza della Fondazione è ,solo ed esclusivamente,sotto il potere politico-clericale: su nove membri del cda ben 6 sono del clero,il presidente è eletto dalla Regione,le altre figure sono di contorno,solo per avere le mani in pasta…

    non so se a torto o ragione si è venuto a verificare questa situazione,saranno i giudici a stabilirlo,ma una cosa è certa.: i procidani,non contano un cavolo in tutto ciò.
    Comunque la domanda che mi ponevo e mi pongo ed invito ,non so,qualche giurista,o studioso del problema, a rispondermi è questa:

    Penso che molti procidani sanno che per volontà testamentaria molti defunti hanno lasciato i loro beni,immobili o altro,alla Chiesa locale,e non.

    Mi domando : ” Ma come è possibile ,poi, vedere che questi beni,siano passati nella disponibilità di parenti o affini… o altri…,del sacerdote capo della comunità parrocchiale a cui il defunto ha donato i beni..,certamente,per un fine nobile e dignitoso ”

    Ci sono,o no, gli estremi giuridici che questi beni donati alla comunità ecclesiale rientrino nella disponibilità della comunità stessa?

    Scusate la mia sicura ignoranza del problema,ma sarei molto grato che qualcuno mi rispondesse adeguatamente..

  4. Caro Geppino,
    abbiamo rivolto la tua domanda ad un avvocato napoletano che casualmente stamane al “cavaliere” ha letto questo tuo commento con noi.
    E da quello che ci ha detto in teoria si potrebbe rientrare in possesso del bene o dei beni solo impugnando l’alienazione contestandone la ratio e il modus operandi. Se l’alienazione è conforme per diritto alle norme che disciplinano la materia si può fare ben poco, se invece la stessa esula dalla normativa del diritto canonico è presenta dei vizi di forma ( e di sostanza) si può impugnare. Ovviamente tutto va studiato ed approfondito caso per caso.
    Un breve cenno normativo prevede che ogni atto di alienazione deve essere formalmente autorizzato dalle competenti autorità della Chiesa. Gli atti abusivi di alienazione sono nulli e passibili di sanzioni canoniche e civili.
    I preti sono tenuti alla “conservazione” dei beni di rispettiva pertinenza; essi, perciò, devono evitare che tali beni vengano
    danneggiati o vadano dispersi, anche per via di alienazione. L’alienazione dei beni immobili ecclesiastici, infatti, costituisce non solo un oggettivo depauperamento del patrimonio della chiesa ma anche un evento che incide in modo gravemente negativo (e irreversibile) sulle volontà testamentarie dei donatori.

  5. e facciamoli questi nomi:
    i due rappresentanti dell’episodio del 2000 chi erano?
    i preti attuali chi sono che hanno blokkato tutto?

  6. I rappresentanti del cda che erano lì seduti nel 2000 erano l’Avv. Intartaglia e l’Ing. Rosato all’epoca anche entrambi consiglieri comunali.
    Mentre i due preti che hanno bloccato tutto nel 2011 insieme ai francescani sono don Lello Ponticelli e don Michele del Prete.
    Ognuno si assuma le proprie responsabilità davanti a Dio ed agli uomini!!

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