Redazione | A Natale saranno trascorsi due anni esatti dalla fine di un lungo incubo. Un incubo durato 11 mesi e iniziato l’8 febbraio del 2011: una data che resterà impressa per sempre nella memoria di Eugenio Bon, l’ufficiale marittimo triestino rimasto ostaggio dei pirati somali, insieme agli altri 21 membri dell’equipaggio, a bordo della “Savina Caylyn”, la petroliera attaccata e sequestrata mentre si trovava nelle acque dell’Oceano Indiano.
Oggi, a distanza di quasi tre anni dall’inizio di una storia terribile vissuta in prima persona e che fortunatamente si è conclusa nel migliore dei modi, Eugenio Bon ricorda quei momenti che inevitabilmente hanno segnato la sua esistenza. «È stata un’esperienza drammatica che senza dubbio ti cambia la vita – racconta -. Ho capito che esiste un mondo diverso dal nostro, sconosciuto, dove vedi dei bambini armati, delle persone senza scrupoli che si sparano tra loro: un mondo dove la vita non vale nulla e dove ti rendi conto che per te la fine può arrivare in qualsiasi momento».
Eugenio non parla quasi mai di quella esperienza, come se inconsciamente volesse rimuovere dal proprio passato quei momenti terribili. Ma, inevitabilmente, alcuni flash di quel vissuto ritornano alla mente: ecco che allora Eugenio ha deciso di confidare questi episodi ad un’amica. Appunti che un giorno diventeranno un libro che racconterà tutto quello che è accaduto in quei lunghi mesi: proprio per non dimenticare e per far sì che rimanga una traccia concreta di quella esperienza. «Quando affronti situazioni del genere non penseresti mai di potercela fare. Eppure è proprio in quei momenti che la tua mente ed il tuo fisico, sia pur distrutto dalla fatica e dalle sofferenze, reagiscono con una forza inaspettata che mai avresti immaginato di avere. A tenermi in vita è stata la speranza e la consapevolezza che non saremmo mai stati abbandonati e la certezza che, da un’Italia pur così lontana, l’armatore, la famiglia, e gli amici sarebbero stati sempre vicino a noi».
E se la storia di Eugenio diventerà un libro, una vicenda analoga accaduta nel 2009, con il dirottamento della nave mercantile statunitense “Maersk Alabama” per mano di quattro pirati somali, è diventata un film, in proiezione nelle sale cinematografiche proprio in questi giorni, con protagonista Tom Hanks che interpreta il capitano della portacontainer Richard Phillips.
«Sono andato immediatamente a vedere il film insieme ai miei amici perché ero curioso di capire come era stata trattata una vicenda così delicata – spiega Eugenio Bon -. Devo dire che la pellicola è molto veritiera, anche se su scala ridotta visti i tempi ristretti. Immagini che mi hanno riportato indietro nel tempo, anche se l’attacco che abbiamo subito noi era molto più cruento, con gli spari che hanno causato anche un incendio a bordo. La sensazione più brutta è stata quando il protagonista del film viene legato dai pirati. Lì il pensiero non poteva che andare alla torture che abbiamo subito a bordo: un particolare che mi ha scosso profondamente».
Eugenio lo aveva promesso fin da quando era ritornato a casa e aveva potuto riabbracciare la famiglia e gli amici: la sua vita è sempre stata e rimane tuttora legata al mare. Ed è stato di parola. Dopo un periodo di meritato riposo è salito nuovamente a bordo, all’inizio di quest’anno: un viaggio lungo sette mesi in direzione delle coste dell’Oriente, con partenza da Singapore, attraverso Indonesia, Cina, Malesia e Corea. Curiosamente la nave in questione era la “Enrica Lexie”, petroliera gemella della “Savina Cayliyn”, salita alla ribalta delle cronache per il caso che ha coinvolto i due fucilieri della Marina militare Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, tuttora detenuti dalle autorità indiane. «Imbarcarsi nuovamente è stata un’emozione particolare: come se uno cominciasse tutto daccapo, come se iniziasse una nuova vita – ammette Eugenio Bon -. Non ho mai ripensato a quanto accaduto tre anni fa forse perché la rotta era differente: probabilmente le cose sarebbero diverse il giorno che dovessi tornare in quelle stesse acque. Stavolta fortunatamente tutto è andato per il verso giusto, anche se ci siamo trovati in quelle zone proprio quando c’è stato un forte momento di tensione tra la Corea del Nord e quella del Sud. Il mio pensiero è andato ai nostri due marò. È difficile accettare una situazione del genere, visto che si tratta di persone che stavano facendo il loro dovere ed erano lì proprio per combattere il fenomeno della pirateria».
Eugenio passerà in famiglia le festività e poi a gennaio lo attende un nuovo imbarco. «La vita continua e questa esperienza non ha scalfito le mie convinzioni; non ha intaccato la mia carriera – conclude Bon -. Ho investito in questa direzione facendo una scelta ben precisa e ho tutta l’intenzione di portarla avanti fino in fondo. Un giorno spero di fermarmi a Trieste e di coronare le mie esperienze entrando nel gruppo dei piloti che si occupano degli ormeggi delle navi. Per il momento però la mia vita rimane quella del mare».
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