Redazione | Il problema delle case abusive e delle sentenze passate in giudicato, che avviano le procedure di demolizione dei manufatti costruiti senza permesso sulla nostra isola, da anni sono oggetto a “scadenza elettorale” di soluzioni che purtroppo non arrivano. Non ultimo, nel febbraio scorso lo stesso Presidente del Consiglio Enrico Letta – sulla nostra isola per un tour elettorale – dichiarò di avere a cuore il problema e che si sarebbe attivato per quanto di sua competenza per portare sui tavoli romani la questione e cercare di porvi rimedio. Per anni la politica – a tutti i livelli – ha cercato di dare risposte e di trovare soluzioni . Ma vuoi per esigenze legate a accordi politici ( Lega-PDL ) , vuoi per menefreghismo, vuoi per il disinteresse totale ad oggi nessuna risposta è stata data in termini di Legge. Con atti sostanziali. Ed è a fronte di tutto ciò che i comitati regionali antiruspe hanno preso carta e penna e indirizzato una lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Illustrissimo Signor Presidente, noi famiglie della Campania, terra bellissima ma maledetta per i politici che l’hanno governata e la governano, viviamo una situazione paragonabile a quella dei nostri sfortunati “fratelli detenuti”: siamo i condannati per abusivismo edilizio e per lo Stato, giunti alla definitività della pena, dobbiamo espiare demolendo l’abitazione dove viviamo, anche è l’unica casa di necessità che abbiamo e dove vivono i nostri figli. Lei, Signor presidente, sa benissimo di cosa stiamo parlando, perché la nostra terra e anche la Sua terra. Ci rendiamo conto che il reato che abbiamo commesso possa indurre in tanti cittadini onesti un moto di repulsa perché nella sostanza si traduce in un’offesa alla cultura del rispetto e della tutela del territorio: noi rappresentiamo un ampio spaccato di diffuse e variegate emergenze sociali accomunate dall’aver dovuto soddisfare bisogni primari, quali la casa dove vivere ed il posto dove lavorare, commettendo un reato. Non siamo un’accozzaglia di speculatori, né una masnada di malfattori e camorristi: siamo semplicemente dei cittadini che per godere di diritti garantiti dalla Costituzione, quali quello al lavoro e all’abitazione, hanno dovuto violare la legge. È realmente sostenibile l’idea di mettere in strada centinaia di migliaia di persone, di azzerare migliaia di posti di lavoro in un momento congiunturale acutamente negativo?”, scrivono. Poi lanciano provocazioni. “Ci perdoni l’ardire: ma è in previsione l’allestimento di campi profughi per ospitarci? Cosa osta a che sia preso in considerazione un gesto di clemenza anche per noi? Signor Presidente, non pretendiamo che si passi su tutte le sacrosante esigenze di tutela della legalità da noi comunque violata, ma chiediamo la possibilità di regolarizzare le nostre pendenze nel rispetto delle norme di settore, comunque interdittive ad una sanatoria indiscriminata: valga per tutte il richiamo all’art. 33 della legge 47/85 sulle ipotesi di incondonabilità assoluta. Non ci abbandoni al nostro destino, Signor Presidente Giorgio Napolitano, siamo padri, madri, figli di famiglia, datori di lavoro e dipendenti accomunati dalla sventura di dover perdere tutto: trovi, comunque, la serenità per dirci qualcosa ma soprattutto, di trovare una risoluzione che i nostri politici e parlamentari locali, non sono riusciti a fare negli ultimi 4 anni”.