Redazione | Ci ha provato e riprovato, ma niente da fare. Crescenzio Sepe non lascerà la guida della Diocesi di Napoli. Un lungo braccio di ferro ha contrapposto l’Arcivescovo alla Segreteria di Stato Vaticana. Oggetto del contendere: il futuro di Sepe. L’alto prelato non vuole più restare a Napoli avendo finito le energie di rinnovamento. Ma non solo. Sepe ha perso il feeling con la città, con la Chiesa di Napoli e con i Media. Due i motivi principali. Primo: la ciclicità degli eventi e la mancanza di innovazione nelle iniziative che non fanno quasi più notizia. Tutto si ripete come un vecchio copione: asta di beneficenza di Natale, discorso di San Gennaro contro le istituzioni locali, e quando la cronaca gli offre l’assist, il solito anatema contro la camorra, addirittura usando le stesse parole di due anni fa come recentemente accaduto. Secondo: il Cardinale che apparentemente rompe gli schemi anche solo con il consueto ‘A Maronn v’accumpagn’, appare ingrigito rispetto a un Pontefice che si mostra sempre sorridente, rompe il protocollo per davvero mettendo sotto sopra la gestione dentro e fuori le Sacre Mura. Crescenzio Sepe arrivò a Napoli nel luglio 2006. In un tripudio di folla baciava bambini, sorrideva, usava parole semplici. Un schema d’innovazione comunicativa rispetto al suo predecessore più formale e più dogmatico. Napoli sembrava aver ritrovato una guida spirituale. L’idillio si rompe però quando arriva la notizia del coinvolgimento del presule nell’inchiesta di Perugia: è accusato di corruzione per il suo precedente incarico di Prefetto di Propaganda Fidae. Un ruolo ambitissimo in Vaticano che offre addirittura il soprannome di Papa Rosso: Papa per il potere attribuito al ruolo, rosso perché si tratta pur sempre di un posto da Cardinale. Per l’Arcivescovo era il preludio della nomina a segretario di Stato Vaticano al posto del Card. Sodano che avrebbe lasciato nel settembre 2005 per sopraggiunti limiti d’età. Wojtyla però morì nell’aprile 2005 e per Sepe iniziò la resa dei conti con chi gli era sempre stato oppositore ma non osava attaccarlo frontalmente: venne spedito a Napoli. Per lui fu una sfida, con la speranza di vincerla e tornare a Roma. Ma l’inchiesta giudiziaria deflagrò facendo piovere su di lui cenere. La sua immagine venne compromessa. Con il passare degli anni il Cardinale comprende che è arrivato il momento di tentare il ritorno alla base. Ma il problema è: con quale ruolo? Per il Vaticano è una figura ingombrante. La sua posizione giudiziaria resta pur sempre appesa a un filo. E se scoppiasse di nuovo? Il processo sulla cosiddetta “cricca” dei Grandi Eventi inizierà tra poco (Sepe non è indagato ndr) ma se uscissero sui giornali carteggi affini all’inchiesta che vede coinvolti, tra gli altri, Anemone e Bertolaso? Già prima della rinuncia di Benedetto XVI, Sepe aveva iniziato a trattare un ritorno a Roma: il Papa forse avrebbe dato il suo benestare ma poi ha lasciato il soglio Pontificio, così, come nel gioco dell’oca, Sepe è tornato indietro, alla casella di partenza. Mai domo, ha tentato di ritessere la tela diplomatica con i Sacri palazzi d’Oltretevere sfruttando anche i desideri di alti due prelati che miravano a Napoli: Bruno Forte Arcivescovo di Chieti e Vincenzo Pelvi Ordinario militare per l’Italia in scadenza di mandato. Due figure di peso della città che contano su pezzi importanti di borghesia e società civile. Mentre il primo ha più tempo davanti a se, per mons. Pelvi, l’anagrafe è la grande nemica. Napoli era il suo desiderio più grande: Pelvi sarebbe tornato nella città di cui fu vescovo ausiliare con Michele Giordano. La sua richiesta di insediarsi a largo Donnaregina è stata presentata alle alte sfere vaticane, ma quel posto è occupato da Sepe che non molla Napoli fino a quando non ha rassicurazioni sull’incarico da ottenere a Roma. Uno stallo durato mesi. Ogni proposta avanzata da Roma, veniva giudicata una ‘diminutio’ da Sua Eminenza. Quindi l’epilogo per tutti gli attori di questa storia. Don Bruno Forte si tira fuori dalla mischia attendendo gli eventi. Mons Pelvi, orfano dell’Ordinariato militare, troverà altro incarico. Sepe resterà a Napoli non avendo ottenuto ciò che voleva. Un ruolo di peso tra le mura leonine. Certo, tutto può succedere visto che l’Arcivescovo di Napoli non molla. Sembrerebbe dunque che l’ex Prefetto di Propaganda Fidae resti ‘confinato’ a largo Donnaregina, tecnicamente fino al compimento del 75° anno d’età, termine della ‘pensione’ regolamentato dal Diritto Canonico. Dunque ancora 5 anni in una città che ha tentato più volte di lasciare perché stanco e orfano dell’appoggio di gran parte dei suoi sacerdoti (continuano a circolare lettere anonime che raccontano di scandali e inefficienze dentro e fuori la Curia). Chiaramente l’Arcivescovo non commenta, o nega tutto. Intanto non demorde e va avanti, il cammino è ancora lungo ma gira e rigira lo porta sempre a Napoli, sua croce e sua delizia. Forse tenterà ancora l’arrembaggio alla Città del Vaticano, per ora resta nella città di Pulcinella e che A’ Maronn l’accumpagn!
ReteNews24
CARISSIMO CARDINALE ORA COMPRENDO PERCHE’ DON LELLO STA NELLE SUE GRAZIE.