Anna Giordano | Lamartine poeta e Lamartine narratore. Ma a Procida c’è un solo Lamartine: l’autore di Graziella, il celeberrimo romanzo che offusca il meno celebre Raphael e perfino quello che comunemente è considerato il suo capolavoro, Le Lac.
Graziella e Procida sono una cosa sola. Un romanzo che dovrebbe essere letto nelle scuole superiori dell’isola e non come libro consigliato ma adottato. Sicuramente la lettura della storia di Julie e di Raphael nell’omonimo racconto concorrerebbe ad una migliore lettura e interpretazione di Graziella. Se non altro per capire e sentire che le donne dei suoi versi e dei suoi romanzi sono tutte designate ad essere romantiche anche nella fatalità di una vita che, giovane, si conclude sempre tragicamente con la morte d’amore. Madame Julie Charles, malata di petto, e la fragile nipote del pescatore di Procida. Del resto è la stessa malinconia che attraversa tutta la storia personale dello scrittore, come malinconica è la fortuna della sua pur bella poesia.
Lamartine apparteneva ad una famiglia nobile ma per niente agiata della Borgogna. Quattrini in famiglia non molti, ma in compenso molto affetto e l’orgoglio del piccolo podere di Milly, che il padre coltivava personalmente. Una madre affettuosa e premurosa, attenta all’educazione di quel figlio prediletto, la quale, proprio per sottrarlo ad un innamoramento che forse non approvava, lo spinse a venire in Italia. Era il 1811 e a Napoli regnava Gioacchino Murat. Sposato con una giovane inglese, Marianna Elisa Birch, dolce e devota moglie, Lamartine tornò in Italia come diplomatico, ma la fortuna non lo assecondò, perché, segretario d’ambasciata a Firenze, si trovò coinvolto in una faccenda poco diplomatica, che, insieme alla rivoluzione di Luglio del 1830, gli rovinò la carriera. Anche nel campo della politica, alla quale si era successivamente dedicato, non fu fortunato, tanto che con l’avvento nel 1851 del Secondo Impero si ritrovò carico di debiti.
Quel poeta e scrittore, che da giovane aveva composto e scritto con un occhio alla fama e un altro all’immortalità, si ritrovò con gli anni a comporre e a scrivere per il pane quotidiano.
In questo contesto si colloca Graziella, l’opera sua più fortunata. Mai un’isola ha tributato tanto ad un suo narratore. Il romanzo che ha fatto di Procida l’isola di Graziella, prima e anche dopo che diventasse l’isola di Arturo e poi del Postino.
E Graziella ha ben ripagato Lamartine. Egli le deve molto. Quell’immortalità che aveva inseguito. Nei suoi ultimi anni era diventato tanto povero da accettare una pensione dall’imperatore Napoleone III. La sua casa di Milly era andata venduta.
E se Graziella non si legge e studia a scuola, poco importa. Le ragazze di Procida la rivivono e la amano indossando il splendido abito dellenostre donne e gareggiando a diventare, almeno per un anno, ”la Graziella”.