Redazione | Tantissime le iniziative organizzate ieri in tutta Italia per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema purtroppo di grande attualità, come confermano i numeri: quello della violenza sulle donne. Centoventotto donne uccise nel 2013; quasi 17 miliardi di euro spesi ogni anno a causa della violenza di genere. E anche sulle isole, dove si consumano storie di violenze e sopraffazione quotidiana, le cui vittime hanno – negli ultimi anni – iniziato a denunciare con maggiore frequenza. “Il 90% delle violenze di genere che registriamo sull’isola avvengono all’interno delle mura domestiche o, comunque, di rapporti affettivi consolidati. E in molte, troppe, non denunciano, convinte di non avere un destino alternativo o strumenti che le tutelino. Serve un’inversione di marcia». L’avvocato M. C sgombera il campo da ogni eventuale equivoco: l’isola non è un’oasi felice. «C’è una forte incidenza di casi soprattutto tra gli stranieri immigrati – ha spiegato – ed è anche vero che, per cultura e tradizioni, cambia anche il livello di sopportazione delle donne, in taluni casi – come per le donne dell’Est – forse più disposte alla sottomissione».
Eppure, la convenzione di Istanbul e il decreto legge sul femminicidio attestano, oggi, l’attenzione del legislature sulla violenza di genere, e la volontà forte di contrastare un fenomeno che non pare attenuarsi.
In Italia siamo in prima linea e con il decreto in vigore dallo scorso 15 ottobre le donne hanno adeguati strumenti legislativi per tutelare i propri diritti. Si tratta di una legge importante, che favorisce in modo inequivocabile la repressione della violenza contro le donne. Strumenti che vanno diffusi, perché in molte ancora non denunciano. «Già – conferma l’avvocato – anche a causa, a mio avviso, di una carente rete di solidarietà sulla nostra isola. Bisogna che le donne, tutte, capiscano che c’è un’alternativa forte alla sopraffazione quotidiana, troppo spesso percepita come un destino ineluttabile e privo di alternative. Non è così» p.r