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“Pretendeva sesso dalla moglie di un arrestato” Finisce nei guai il pm che intima le demolizioni delle case abusive

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Gen 25, 2014

Redazione | Chiedeva sesso, il magistrato  Donato Ceglie. Lo pretendeva,  e  lo otteneva, dalla moglie  di uno che aveva fatto arrestare.  Rapporti  frettolosi e nascosti,  consumati a volte nel suo ufficio della procura  di Santa Maria Capua Vetere, a volte nelle  stanze della procura  generale a Napoli. Proprio lui, il pm simbolo  della lotta all’abusivismo edilizio.  Sulla carriera di Donato Ceglie,  56 anni, pende infatti dal dicembre  scorso, una richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico  ministero Barbara Sargenti  di Roma. Le accuse sono di concussione e  violenza sessuale,  perché «induceva — si legge nell’atto — Maria  Rosaria Granata,  46 anni, moglie di Gaetano Ferrentino, a instaurare e  proseguire  una relazione sentimentale  che gli procurava indebitamente   rapporti sessuali». Abuso che sarebbe iniziato a Santa Maria  Capua  Vetere e proseguito anche dopo che Donato Ceglie, era il 2011, viene  trasferito alla procura generale di Napoli. Una storiaccia ancora  poco chiara, con un esito giudiziario ancora tutto da definire (la  richiesta  è ferma davanti al gip) e che però ha un prologo certo nel 2007. In quel periodo il pm napoletano  sta seguendo personalmente  l’inchiesta “Chernobyl”: scopre  tonnellate di rifiuti  interrati tra Napoli, Caserta e Vallo della  Lucania, sequestra l’impianto di compostaggio nel salernitano gestito  dalla So.Rie.Co., dove venivano smaltiti  illegalmente quelli di quattro  depuratori, e di cui Ferrentino è amministratore unico. Ceglie lo  spedisce agli arresti domiciliari. Seguono un paio di anni di indagini,   altri sequestri, il fallimento della So.Rie.Co. nel 2009. Poi, sempre  secondo la procura romana,  cominciano i «rapporti sentimentali e  sessuali» tra Ceglie
e la Granata. Una relazione che, a prescindere  dalla sua natura,  forse consenziente forse no, avrebbe dovuto indurre  il pm napoletano a abbandonare per ragioni di opportunità il  procedimento  contro Ferrentino, nel frattempo rinviato a giudizio.   Cosa che non accade.
Accade invece che Ceglie si adoperi per trovare  un lavoro alla  Granata. Prima ordina il dissequestro  dell’impianto di  smaltimento,  poi lo affida in gestione alla Compost Campania a cui nel  2011 rilascia «indebitamente  — scrive la Sargenti — il nulla osta per  riassumere Maria Rosaria  Granata». La donna, infatti, era stata  licenziata dal curatore fallimentare perché la Compost non poteva per  contratto impiegare  persone collegabili alla So.Rie.Co. di Ferrentino.  Ma Ceglie,  per la sua “fiamma”, riesce a ottenere una deroga. E  continua  a interessarsi del rinnovo del contratto di gestione anche  dopo essere stato trasferito a Napoli.
Nel 2012 però qualcosa si  rompe. Nelle caselle di posta elettronica di alcuni magistrati della  Procura generale e alla redazione  del Mattino iniziano ad  arrivare decine di e-mail e fax del genere: «Il dott. Ceglie non è altro   che un pagliaccio con la toga  », «Dottore Ceglie, rientra nelle  sue  inchieste portarsi a letto le mogli degli indagati? E poi sparire distruggendo  i numeri di telefonici?  Aspetto una sua risposta », «da tre anni  chiama ripetutamente  e si porta a letto con ricatto  la moglie di  Gaetano Ferrentino».
Ma a quali ricatti si riferisce l’autore  delle missive? Che cosa sa veramente? Fatto è che Ceglie decide di  denunciare la Granata, sostenendo sì di averla incontrata,  ma solo  «limitatamente» e «sempre per motivi istituzionali ». I pm romani non  gli credono, e così hanno indagato il magistrato  che lotta contro la  mafia dei rifiuti anche per calunnia, per aver incolpato la donna «pur  sapendola innocente».

repubblica.it

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