Redazione | Una recente indagine del Censis mostra quanto gli italiani siano sfiduciati e pessimisti sul futuro e preoccupati per il forte indebitamento pubblico che pesa su ogni cittadino. Secondo la stessa ricerca, gli anziani sono una risorsa per il Paese: ciò è dovuto al fatto che il 68,8% dei titolari di grandi aziende preferisce gli anziani rispetto ai giovani quando si tratta di competenze gestionali e organizzative, del riconoscimento nei valori aziendali (58,8%), delle competenze specialistiche (51,5%), della capacità di leadership (52,1%). A soffrire di questa mancanza di prospettive sono i giovani, i quali a loro volta, cresciuti in questo clima di decadenza, materiale ed istituzionale, ne hanno mutuato naturalmente le negatività. L’apporto degli anziani alla crescita ha avuto una grande rilevanza nella società civile in ogni epoca ma le energie giovani devono saper dare il dinamismo all’azione. Non può trattarsi di una sostituzione puramente anagrafica, ma di acquisizioni di conoscenze, di competenze. Se da un lato si può obiettare che la mancanza di opportunità di inserimento nel mondo produttivo fa venir meno quelle acquisizioni, ciò che impressiona è, in generale, la marcata superficialità e la supponenza nell’affrontare i problemi. Il fenomeno negativo e diffuso si aggrava nei giovani vittime degli aspetti negativi dell’isolamento telematico che troppo spesso inficiano quelli positivi. Naturalmente queste caratteristiche che il Censis evidenzia valgono in campo lavorativo quanto in quello politico ed istituzionale e compongono lo stato di crisi ed il modo di porsi della gente di fronte ad essa. Molti di noi sono avanti con gli anni. Nati tra le macerie della seconda grande guerra hanno vissuto le varie fasi delle crisi economiche e sociali, alternate a periodi di forti cambiamenti e di sviluppo. Lo spirito collettivo con cui si affrontò il dopoguerra, come ricordava anche Sergio Zavoli nel corso dell’ultima sua partecipazione a Procida al Premio Elsa Morante, tra morte, distruzioni e fame fu quello dell’aiuto reciproco. Faticosamente risalimmo la china fino al boom economico degli anni ’60. E fummo “sessantottino” con lo spirito di “cambiare il mondo” per fare affermare i grandi valori della solidarietà, della libertà, delle pari opportunità. Contestazioni, errori, scontri duri ma l’obiettivo era di fare affermare valori fondamentali, per “un mondo migliore”. Tra sconfitte, successi ed illusioni si guardava al futuro con ottimismo. Finanche nel nostro piccolo, sostenuti dalle possibilità di lavoro provenienti dal mare e da alternative possibilità di sviluppo economico, c’era entusiasmo. Poi in Italia, come a Procida, a partire dagli anni ’90 prevalse il giustizialismo, lo scandalismo, come unico strumento per la presa del potere, i “valori” per cui battersi ed operare divennero sempre più altri, meno ideali e più materiali. Altro che “mani pulite”, siamo diventati uno dei paesi più corrotti del mondo. In un circolo vizioso di azioni e reazioni si è via via accentuata la disgregazione nella società e nelle istituzioni. Quando si parla di “corruzione” si pensa ai “politici”. In vero le cronache quotidiane danno uno spaccato sociale del malcostume molto più ampio ed i “politici” diventano l’emblema ed il paravento per tanti. I più accaniti “moralizzatori” si pongono come “alternativa”. In verità ne abbiamo conosciuti di “sepolcri imbiancati” e di “alternativo” hanno portato, nel migliore dei casi, il vuoto. La moralità nella vita privata ed in particolare in quella pubblica deve essere un valore basilare ma ad essa devono aggiungersi i contenuti, le idee, le capacità. Leggiamo di ipotesi varie di candidature a sindaco ma il tutto senza idee, senza ideali. Così non si esce dalla crisi. L’auspicio ad un anno dalle elezioni amministrative e che tutti insieme, forze politiche e sociali, si faccia una profonda revisione nei comportamenti, come singoli e come collettività, e si trovi pur nelle differenziazioni, il senso della collettività. Per noi inguaribili ottimisti, anche nelle difficoltà che ci circondano, resta più che mai vivo l’insegnamento di quel grande socialista che è stato il Presidente Pertini: “Quando tutto sembrò perduto, si disse e si andò AVANTI!” Ci speriamo.
P.L Procida Oggi