Redazione | Rilanciando la tutela di un bene monumentale accanto alla promozione della sua identità originaria, nel rispetto della sacralità del luogo di culto. Si riaccendono i riflettori sulla chiesa parrocchiale di Santa Maria Incoronatella a via Medina, nota anche come Pietà dei Turchini o «Pietatella», antico complesso nel cuore della città che fu sede del primo Conservatorio di Napoli: con il concerto in programma sabato 12 aprile alle 19.00, in cui verrà eseguito lo «Stabat Mater» di Giovan Battista Pergolesi nella chiesa tornano infatti a risuonare le armonie di un musicista che dal 1735 hanno accompagnato le celebrazioni liturgiche per la Settimana Santa.
Il concerto sarà eseguito dal Coro Polifonico «San Leonardo» di Procida, che quest’anno celebra il venticinquennale, con la direzione del Maestro Aldo De Vero. Tra gli interpreti, Umberto Aragona, Giuseppe Franco, Giuseppe Carannante, Mario Carannante, Enzo Carannante, Elio Di Bernardo. Ma non solo. L’iniziativa di don Simone Osanna, giovane parroco dell’Incoronatella, ha anche l’intento di rivitalizzare attraverso un’aggregazione e una progettazione partecipata dal basso un sito ricco di storia e di testimonianze artistiche per il quale questo sacerdote di origini procidane, appassionato di musica e buon organista, si sta prodigando sin dal suo insediamento.
In che modo? Promuovendo concerti, incontri e iniziative che oltre ad essere occasioni aggregative legate al culto offrono anche la possibilità di raccogliere fondi per il restauro delle preziose opere d’arte custodite nella chiesa: la cui fondazione risale agli anni tra il 1592 e il 1607 (terminata nel 1595, fu poi ampliata tra il 1633 e il ’39 ma l’attuale facciata risale a un rifacimento del 1770, su progetto di Bartolomeo Vecchione) grazie alla Congregazione dei Bianchi dell’Oratorio.
Una storia lunga quasi cinque secoli: inizialmente, l’associazione dei Bianchi aveva sede presso la chiesa di Santa Maria dell’Incoronata a Rua Catalana dove, dal 1573, si occupava di accogliere bambini abbandonati. In seguito, di fronte alla necessità di una struttura più ampia, fu decisa la realizzazione della nuova struttura, comprendente appunto una chiesa (con annessi un orfanotrofio e un conservatorio musicale, primo e più antico di Napoli), che fu denominata «dei Turchini» a causa del colore degli abiti indossati dai giovani e giovanissimi ospiti.
Ed è proprio qui, in quella che fu descritta come la “fabbrica dei cantori napoletani del Sei e Settecento”, sede del nascente naturalismo caravaggesco e della svolta barocca di Luca Giordano, che studiarono musicisti del calibro di Alessandro Scarlatti, Giovan Battista Pergolesi e Giovanni Paisiello. Una storia affascinante, che ancora oggi attrae visitatori e turisti ben oltre la comunità parrocchiale di fedeli che anima le celebrazioni liturgiche tra marmi policromi, sculture di Lorenzo Vaccaro, affreschi di Agostino Beltrano, pale e tele dipinte, tra gli altri, da Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Giacinto Diano, Andrea Vaccaro, Belisario Corenzio, Paolo De Matteis, Filippo Vitale. Un vero e proprio patrimonio di bellezza, soggetto però all’usura del tempo e in alcuni casi danneggiato: di qui l’idea di don Simone Osanna di mobilitare privati e parrocchiani nella problematica manutenzione della chiesa, già avviata dal suo predecessore don Marco Beltratti.
«Al momento – spiega don Simone – stiamo restaurando la tela raffigurante “La Resurrezione” di Paolo De Matteis, grazie a una sponsorizzazione del ristorante Ciro a Medina che ha stanziato 18mila euro. Siamo seguiti dalla Soprintendenza, responsabile storico-artistica e direttrice dei lavori è Annachiara Alabiso, direttore tecnico della ditta di restauro Dafne è Agata Finocchiaro. Ma un po’ alla volta, sia con fondi di privati, sia con le offerte generose dei parrocchiani, restaureremo tutte le tele».
Ma il parroco dell’Incoronatella ha pure un altro sogno: «Restituire – dice – a tutta la comunità e alla zona la funzione principale della chiesa della Pietà dei Turchini, con un progetto di rieducazione alla musica e al bel canto. Magari partendo proprio dai più piccoli, come avveniva un tempo in questo antico sito. Ci proviamo». Va in questa direzione l’ospitalità quaresimale al Coro dell’isola di Procida, sabato, dopo il grande successo di un primo concerto natalizio; ma anche la riapertura della vicina chiesa di San Diego all’Ospedaletto sempre in via Medina, nota anche come San Giuseppe Maggiore: nome che deriva dai resti di un antico edificio di culto costruito, all’inizio del Cinquecento, dall’Arciconfraternita dei Mannesi (i falegnami), poi demolito durante il riassetto urbanistico del rione Carità e trasferito a questa chiesa, riferimento della comunità filippina a Napoli. Nell’Oratorio, luogo di incontri e catechesi, si fa anche teatro: «Un modo – conclude don Simone – per incrementare il culto di San Giuseppe in una zona un tempo a lui dedicata, quando il popolo veniva a venerare il santo il 19 marzo con una grande festa e la fiera degli uccelli e dei giocattoli».
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