Redazione | Si era arenato presumibilmente nella notte del due maggio sulla spiaggia di Ciraccio spinto sulla sabbia dal forte vento e dalle condizioni meteo marine avverse di quei giorni. Un cucciolo di delfino appartenente molto probabilmente alla famiglia dei “tursiopi”. Per quasi due settimane è rimasto li come l’icona dell’incuria, il totem del disinteresse generale e della strafottenza di molti. Solo ieri la segnalazione è arrivata agli uomini della Guardia Costiera, agli ordini del T.V Giuseppe Panico, che si sono recati prontamente sulla spiaggia, spostato il cetaceo, delimitato la zona e allertato le autorità competenti in materia per la rimozione. Il corpo era visibilmente in un avanzato stato di putrefazione e emanava una puzza terribile. L’animale morto aveva destato la curiosità di grandi e piccini già da giorni, quando sul posto si erano recati con macchine digitali e flash per immortalare l’evento. Ieri, la scoperta che quel corpo nero e molle che spiccava dal grigio della sabbia, era il cucciolo di delfino spiaggiato e mai rimosso. I tursiopi sono animali sociali, vivono in branchi, si muovono lentamente, disegnano dei movimenti molto compassati mentre saltano e, insieme alla Stenella Striata, sono la specie più comune nelle nostre acque. Tuttavia non è raro osservare individui solitari, generalmente maschi che si spostano da soli. Oggi a Procida giungeranno gli addetti della stazione zoologica Anton Dhorn di Napoli – che allertati dall’ASL – dovrebbero portare via la carcassa del delfino, censirla nell’apposito registro del Ministero dell’Ambiente che riguarda i mammiferi marini spiaggiati e subito dopo incenerirlo. “La causa dello morte più verosimile potrebbe essere di natura infettiva, ma non è possibile escludere che l’incidenza straordinaria di questi anni sia dovuta a fenomeni legati all`inquinamento o a eventi vulcanici sottomarini.” Spiega M. L , veterinario e volontario. “ La storia dei ritrovamenti di delfini morti è bella cospicua. Ricordo l’anno del batterio killer che i delfini ingerivano mangiando gli sgombri” In effetti nelle nostre acque il fenomeno è ricorrente e non è difficile pensare che oltre a ciò, le cause della morte possano essere anche le reti o le eliche delle barche. “Da poco abbiamo terminato il monitoraggio invernale dei cetacei e quello che appare dalle foto sembra un cucciolo di tursiope che molto presumibilmente si è staccato dalla mamma dopo l’allattamento. Escludo cause dolose riconducibili alle nefandezze comportamentali di certi pescatori che dopo averli catturati nelle reti, tagliano loro la coda e bucano la pancia per farli affondare e non vedo nemmeno segni di eliche assassine” spiega il biologo Marino Riccardo Strada responsabile dell’Area Marina Protetta Regno di Nettuno. “ L’anno scorso un’epidemia di morbillo portò alla morte di oltre duecento delfini nelle nostre acque ma la causa principale è l’inquinamento del mare. La specie di cetacei che popola le nostre zone ha molta difficoltà a sopravvivere. Il Mediterraneo è per loro un inferno. Nutrendosi quasi esclusivamente di calamari molto spesso ingeriscono per similitudine sacchetti di plastica e muoiono. Anche quelli biodegradabili sono dannosi per la salute dei cetacei”.